Voglia di sconti

La tendenza a contenere le spese di viaggio è un fenomeno che riguarda le aziende italiane ormai da diversi anni e che si esprime in due modi: attraverso l’adozione di travel policy rigorose, che riducono al minimo l’utilizzo delle classi di servizio cosiddette “nobili”, ma anche attraverso il crescente ricorso alle tariffe scontate – soggette a restrizioni, ma decisamente convenienti – al posto di quelle piene. Un trend che comporta non solo alcuni cambiamenti significativi nell’organizzazione dei viaggi di lavoro (le tariffe scontate, in genere, impongono una prenotazione con largo anticipo rispetto alla data di partenza), ma anche nell’operatività delle travel management company.

Questo fenomeno trova conferma nei recenti dati della Business Travel Survey, realizzata da Uvet American Express Corporate Travel sulla base delle spese di viaggio delle aziende clienti (per il 67% grandi aziende, per il 25% medie imprese e per l’8% piccole società): da un lato, infatti, la ricerca rileva un vistoso calo nell’utilizzo della business class, che nel primo trimestre 2008 si è attestata all’8,7% sul totale dei voli, contro il 12,5% del 2007 e il 15% del 2006. Dall’altro, evidenzia un significativo incremento nella prenotazione delle cosiddette tariffe low yield (a bassa retribuzione) rispetto alle high yield (ad alta retribuzione). Già nel primo semestre del 2007 le prime rappresentavano il 47% del totale contro il 41% del corrispondente periodo del 2006. Le seconde, invece, ammontavano al 53%. Nel primo semestre 2008 si è addirittura verificato il sorpasso: le aziende hanno prenotato nel 54% dei casi tariffe low yield, contro il 46% di tariffe high yield.

Il maggior ricorso alle tariffe scontate ha determinato di conseguenza un abbassamento del costo medio della trasferta aerea che è passato dai 500 euro del 2006 agli attuali 460 euro(-8%). In particolare, nel primo semestre 2008, sui voli domestici, la tariffa media high yield era pari a 371 euro, contro i 238 euro della tariffa media low yield. La differenza si accentua ulteriormente sulle tratte europee (732 euro per le tariffe high yield, contro i 370 euro delle low yield) e su quelle intercontinentali (2313 euro contro 829).
«La nostra travel policy non è particolarmente restrittiva in tema di biglietteria aerea: negli ultimi due anni non abbiamo modificato i nostri regolamenti e ancora oggi consentiamo la prenotazione della classe business sui voli intercontinentali – dichiara Mara Giuliani, responsabile corporate travel di M&G Finanziaria -. Ciononostante, anche noi abbiamo modificato il modo di scegliere le tariffe, soprattutto sulle tratte europee, che rappresentano circa il 30% dei voli dei nostri frequent traveller: ormai i nostri viaggiatori utilizzano le tariffe negoziate solamente in caso di prenotazione a ridosso della partenza, quando cioè è tardi per selezionare un’offerta più conveniente. In tutti gli altri casi, invece, ricorrono alle tariffe semiflessibili, ovvero modificabili pagando una penale. Preferiamo invece evitare le best buy “pure”, cioè le tariffe che, se non utilizzate, non possono essere rimborsate. Un discorso a parte meritano i voli low cost: li usiamo poco, ma non perché non ne riteniamo le offerte interessanti, bensì perché gli orari delle frequenze sono spesso incompatibili con le nostre esigenze di business e gli aeroporti di partenza e di arrivo decisamente scomodi».
La ricerca si sofferma anche sulla dinamica delle tariffe relative alle principali tratte business: nell’arco di due anni e mezzo (da gennaio 2006 a giugno 2008) il prezzo medio del biglietto della rotta Milano-Parigi è passato da 806 a 633 euro, mentre quello della Milano-Londra è sceso da 621 a 431 euro. Sulla Milano-New York, inoltre, la tariffa media ha toccato i 1815 euro, contro i precedenti 2235. In controtendenza, invece, la tratta Milano-Roma, che da gennaio 2006 a giugno 2008 è salita da 310 a 346 euro. «Su questa rotta – conferma Bruno Alessandro Grisanti, sales manager Nord Italia di Air One – sono ancora numerose le aziende disposte a pagare la tariffa full pur di garantirsi flessibilità negli orari». Occorre sottolineare, però, che su questo incremento tariffario ha inciso in maniera significativa la voce “tasse e oneri”, più che raddoppiata (dai 55 euro del gennaio 2006 a 113 euro nel giugno 2008). Riguardo alle tasse, la ricerca rileva che nel giugno 2008 queste ultime hanno pesato sul prezzo dei biglietti aerei per circa il 33,5%contro il 23,5% del giugno 2007. Tra le varie voci, quella più onerosa è la cosiddetta fuel surcharge (una fee imposta dalla compagnie aeree ai passeggeri per far fronte all’incremento del prezzo del petrolio), che rappresenta da sola circa l’80% della voce “tasse e oneri”.

Ma come commentano agenzie e vettori il crescente successo delle “best buy”? «Il trend emerso dalla nostra ricerca, a dire il vero, non è una novità – sottolinea Massimo Gardini, head of supplier relations di Uvet American Express Corporate Travel -: già dopo l’11 settembre le aziende avevano ridotto drasticamente i volumi di biglietteria aerea. Questi ultimi erano nuovamente cresciuti nel biennio 2003-2004 e oggi subiscono una nuova contrazione. Va detto, però, che l’utilizzo delle tariffe a bassa retribuzione non è compatibile con il modo di lavorare di tutte le tipologie di imprese. Ve ne sono alcune che non sono in grado di pianificare le trasferte con sufficiente anticipo».
«Complice la difficile situazione economica, le aziende tagliano il più possibile i costi di biglietteria aerea – dichiara Guido Sciesa, titolare dell’agenzia La Martesana Viaggi -: lo dimostra il fatto che molte delle nostre imprese clienti, che in precedenza concedevano ai propri dipendenti la business class sui voli intercontinentali, oggi impongono la classe economy anche su questo tipo di tratte. Rientra in questo trend anche il crescente ricorso alle tariffe chiuse, con vincoli, e il tentativo di spingere il personale a organizzare, laddove possibile, i viaggi di lavoro con largo anticipo, in modo da poter usufruire di una gamma di tariffe scontate più ampia».
«Per quanto ci riguarda non abbiamo registrato un calo significativo nei volumi di vendite complessivi, ma sicuramente un mutamento nei comportamenti d’acquisto e nella tipologia di tariffe prenotate – conferma Bruno Alessandro Grisanti -: sempre più spesso le imprese apportano modifiche alle travel policy, imponendo ai dipendenti l’acquisto delle “best buy”. Questo comporta, ovviamente, un adattamento anche da parte dei vettori, che potenziano l’offerta di voli scontati. Nonostante la tendenza a usufruire delle best buy, però, non ci sembra che i business traveller abbiano modificato in maniera sostanziale il proprio modo di organizzare le trasferte: continuano a prenotare i voli a ridosso della partenza, aiutati anche dal fatto che oggi quasi tutte le tariffe scontate consentono le modifiche con pagamento di penale».

Ma negoziare le tariffe conviene ancora?
Come si configura l’attuale panorama tariffario? Come è noto, le tariffe ufficiali dei vettori (dette anche Iata, o pubblicate) si suddividono in piene (full), totalmente flessibili e prive di restrizioni, e speciali (pex, superpex, apex, escursionistiche, eurobudget), cioè soggette a vincoli: tra gli altri l’obbligo di acquisto anticipato, ma anche il minimum stay (obbligo di permanenza minima). Negli ultimi anni, però, il successo crescente delle tariffe speciali ha indotto le compagnie aeree a renderle sempre più flessibili e più vicine alle esigenze della clientela d’affari: oggi, ad esempio, è quasi sempre possibile ottenere il cambio di prenotazione o il rimborso a fronte del pagamento di una modesta penale. Un’altra svolta importante è stata l’adozione anche da parte delle compagnie di linea delle tariffe one-way, sulla falsariga di quanto già proposto dai vettori low cost: offrono il vantaggio di poter essere combinate tra loro liberamente, scegliendo le offerte più convenienti. Un’evoluzione degli schemi tariffari, questa, che ha ridotto il ricorso alle tariffe negoziate, frutto di accordi tra i vettori e le aziende. «L’avvento delle “best buy”, effettivamente, sta segnando il tramonto delle tariffe corporate – sottolinea Guido Sciesa -. Registriamo un calo nell’utilizzo di queste tariffe nell’ordine del 50-60%: un mutamento che costringe anche le compagnie aeree a modificare le proprie strategie commerciali».

Come accennato, la tendenza delle aziende a prenotare tariffe scontate comporta un cambiamento anche nel modo di lavorare delle agenzie di viaggio. «Per le agenzie questo trend è positivo e negativo al tempo stesso – commenta Gardini -: positivo perché la tendenza a pianificare i viaggi con maggiore anticipo ci permette di lavorare meglio, negativo perché la ricerca delle tariffe richiede più tempo ai nostri addetti».
«Con la riduzione dei costi medi dei biglietti i nostri volumi di spesa diminuiscono e ci risulta più difficile raggiungere gli obiettivi prefissati con le compagnie aeree – afferma invece Guido Sciesa -. Al contempo, trovare una tariffa che venga incontro alle aspettative del cliente richiede da parte dei nostri addetti una ricerca più lunga e impegnativa rispetto al passato».

 

Testo di Arianna De Nittis, Mission n. 8, novembre-dicembre 2008

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