A partire dallo scorso aprile, lo scambio di fatture tra le imprese e la pubblica amministrazione è diventato digitale, per effetto di un decreto che rende operative le misure contenute nell’ultima Finanziaria (articolo 1, commi dal 204 al 213 della legge 247/07). In pratica, oggi le aziende che intrattengono rapporti con l’amministrazione statale e con gli enti pubblici sono tenute all’invio di fatture, note e parcelle esclusivamente in formato elettronico. Il compito di gestire il sistema di interscambio spetta all’Agenzia delle Entrate con il supporto di Sogei, Società Generale di Informatica, che dal 1976 assicura al governo il sistema informativo della fiscalità. L’obiettivo? Un risparmio annuo stimato tra 1,5 e 2 miliardi di euro, frutto di una drastica riduzione dei documenti cartacei e di una significativa semplificazione amministrativa.
Si tratta di un passo avanti importante nell’ormai tanto decantato processo di “dematerializzazione”: un termine che è comparso per la prima volta negli anni Ottanta nel settore finanziario, in riferimento ai titoli di credito, e che oggi indica il progressivo incremento dei documenti elettronici nelle strutture amministrative, sia pubbliche sia private. Un sistema che è stato legittimato già nel 1997 da una legge dello stato (articolo 15 comma 2 legge 15 marzo 1997 n. 59) e che dagli esperti è considerato l’unica via percorribile per porre rimedio ai difetti della documentazione cartacea: costi di gestione eccessivi, difficoltà di condivisione e archiviazione, inefficienze (errori di archiviazione, documenti smarriti, tempi di ricerca troppo elevati).
I vantaggi della dematerializzazione sono illustrati anche nel Rapporto 2008 dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione della School of Management del Politecnico di Milano. Dallo studio, condotto su un campione di 210 grandi aziende e Pmi operanti nei settori dei servizi, manifatturiero e della Pubblica Amministrazione, emerge che il beneficio più rilevante è di natura economica, grazie alla riduzione dello spazio dedicato ai documenti, alla diminuzione dei costi di stampa e spedizione, alla velocizzazione del processo, all’eliminazione di attività a basso valore aggiunto, alla riduzione delle spese amministrative. In particolare, lo studio rivela che informatizzando completamente il ciclo ordine-pagamento è possibile ottenere una riduzione dei costi di processo che si aggira tra il 65 e l’85%. Un dato che, tradotto in cifre, varia dai 25 euro per ciclo rilevati nel comparto farmaceutico ai 75 euro nel settore degli elettrodomestici e può rappresentare, a seconda del contesto (ovvero il settore e la tipologia di impresa) da qualche decimo di punto percentuale sino a circa un punto percentuale del fatturato.
Vi sono, però, anche vantaggi meno tangibili, quali la maggiore efficienza nella ricerca e nel monitoraggio dei documenti, o il miglioramento del livello di servizio verso i clienti interni ed esterni (è possibile, ad esempio, rendere le fatture accessibili 24 ore su 24 su un portale). Senza contare che le fatture elettroniche comportano un generale miglioramento della qualità perché riducono al minimo (o addirittura annullano) il rischio di smarrimento o di errata archiviazione.
La fatturazione elettronica può rivelarsi vantaggiosa anche nell’ambito del business travel: ormai da tempo, infatti, gli esperti sottolineano che per ridurre le spese di trasferta non occorre soltanto agire cui costi diretti (le tariffe negoziate con i fornitori), ma anche e soprattutto su quelli occulti, ovvero derivanti dai processi (pianificazione dei viaggi, note spese, operazioni contabili).
Ma quali tecnologie consentono la fatturazione elettronica? Sul mercato ve ne sono di diversi tipi: software che consentono l’integrazione con i sistemi gestionali aziendali, cioè leggono i file inviati da clienti e fornitori e li inviano all’Erp aziendale o, viceversa, a partire dai dati dell’Erp creano un file da inviare ai partner; traduttori EDI/WebEDI, o applicazioni che normalizzano e formattano i dati in ingresso e in uscita; tecnologie che garantiscono la trasmissione “sicura” dei dati: ad esempio le reti VAN (Value Added Network) e VPN (Virtual Private Network), che sfruttano Internet per la veicolazione dei dati, la Posta Elettronica Certificata (PEC) o il CBI, nuova infrastruttura per l’integrazione con il mondo bancario; le piattaforme di gestione documentale, soluzioni modulari che permettono lo svolgimento di numerose attività, dalla creazione e formattazione dei documenti, all’invio multicanale delle fatture, all’apposizione della firma digitale; software per il riconoscimento dei caratteri (OCR o ICR), utilizzati per l’interpretazione dei documenti cartacei; dispositivi per l’acquisizione ottica dei documenti (scanner); dispositivi per la firma digitale; dispositivi di storage, per archiviare i documenti elettronici.
Avanti, piano
A dispetto dell’ampia gamma di soluzioni disponibili sul mercato per la gestione dei documenti elettronici, le aziende italiane sembrano ancora restie nei confronti della dematerializzazione: a detta dell’Osservatorio, infatti, le fatture elettroniche sono adottate in media da meno di un’azienda su 10, se si considerano anche le soluzioni informatiche più elementari, e da appena un’azienda su 30 se si tiene conto solo delle soluzioni più complesse e integrate. Le barriere che ne frenano l’adozione sono esterne (la mancanza di uno standard unico per i documenti, il fatto che clienti e fornitori non sono ancora pronti), ma soprattutto interne: in primo luogo una mancanza di consapevolezza da parte del management sul valore e il significato della fatturazione elettronica e della dematerializzazione; inoltre, una resistenza alla gestione dei processi e a instaurare rapporti di collaborazione con i diversi attori della filiera (fornitori, clienti, provider di servizi).
I documenti cartacei nella PA
2-4% del PIL. Costo sostenuto dal Sistema Italia per la gestione dei documenti amministrativi cartacei.
110 milioni. Numero dei documenti cartacei prodotti in un anno dalla Pubblica Amministrazione (dato 2004), che comportano 160 milioni di registrazioni di protocollo e 147 milioni di archiviazioni.
50mila. Numero dei dipendenti statali coinvolti nel processo di gestione dei documenti su carta, distribuiti in 19mila uffici.
Oltre 3 miliardi di euro. Costo complessivo sostenuto dalla Pubblica Amministrazione per la gestione dei documenti cartacei (protocollazione, copie e stoccaggio).
15 euro. Costo sostenuto dalla Pubblica Amministrazione per il trattamento, trasmissione e ricezione di ciascun documento cartaceo. A questa cifra si aggiungono 4 centesimi per il mantenimento di ogni documento archiviato.
Fonte: Libro Bianco sulla Dematerializzazione, Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie 2006
Anche la firma diventa digitale
Uno dei cardini del processo di dematerializzazione è la firma digitale, a cui la normativa italiana ha riconosciuto lo stesso valore legale del classico “autografo” su carta (Decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82). Si tratta di un sistema per l’autenticazione dei documenti digitali basato su un sistema crittografico con due chiavi di decifrazione: una privata (nota solo al titolare della firma) e una pubblica (in possesso di chi riceve il documento), che consentono di accertare la veridicità del documento informatico. Per essere considerata valida, la firma digitale deve essere certificata dai certificatori accreditati dal Cnipa, Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione. Per supportare le aziende nell’acquisto e nell’uso corretto della firma digitale il Cnipa ha realizzato un documento dal titolo “Le Linee guida per l’utilizzo della firma digitale”, scaricabile in formato Pdf dal sito www.cnipa.it.
Testo di Alice Di Stefano, Mission n. 5, giugno-luglio 2008