Il benchmarking – inteso semplicemente come gestione di un’attività attraverso il confronto – ha radici lontane. Basti pensare a quel Francis Lowell – imprenditore del New England – che, agli inizi dell’800, creò in Massachusetts un’industria tessile che, grazie all’impiego delle tecnologie che Lowell aveva visto nelle fabbriche inglesi, divenne nel giro di un ventennio una delle più importanti d’America. Oppure a quell’Henry Ford che introdusse nella sua azienda la prima catena di montaggio dell’industria automobilistica dopo averla vista in opera in un macello delle carni di Chicago.
Se dunque l’analisi delle esperienze di successo fatte da altri, lo studio e l’adozione delle best practice – adattandole alla propria organizzazione e possibilmente migliorandole ulteriormente – è stata la chiave del successo di quegli imprenditori all’avanguardia che, per certi versi, hanno cambiato il corso della storia economica, va però sottolineato che il moderno benchmarking è qualcosa di completamente diverso. Sia perché, invece di derivare dall’intuizione di un singolo, rappresenta un processo strutturato, sia perché si fonda sulla misurazione delle diverse performance – e quindi delle differenze – ricercandone le cause. Ben lo sottolinea la principale definizione di benchmarking, quella coniata dalla Xerox – la prima azienda a utilizzare questa metodologia alla fine degli anni ’70 -, che lo identifica come “un approccio sistematico e continuo di misurazione dei prodotti/servizi/processi attraverso il confronto con le aziende riconosciute come leader nei vari settori di mercato”. Ma, ora come allora, il benchmarking resta il metodo più efficace per migliorare i propri processi e la propria redditività.
Ecco perché, dopo il benchmarking relativo all’hôtellerie effettuato lo scorso anno (vedi Mission, n.7 – Ottobre 2002), BTPlus e Mission hanno deciso di promuovere un nuovo momento di confronto, focalizzato in questo caso sui vettori aerei: in particolare si voleva rilevare le metodologie utilizzate dalle società a livello di processi, gestione e approvvigionamento della biglietteria aerea, misurare le performance delle singole aziende e identificare le best practice.
Il metodo
Su 25 aziende interpellate, sono 13 quelle che hanno partecipato all’incontro tenutosi lo scorso 29 novembre al Melià Milano Hotel & Convention Center. I settori merceologici rappresentati sono estremamente diversificati: dall’informatica alla distribuzione, dalla moda al farmaceutico, dai servizi alle telecomunicazioni. Ancora una volta le multinazionali si sono mostrate più aperte al confronto (9 aziende presenti), ma non sono mancate anche le grandi società italiane (2 presenze) e quelle medie (2 presenze).
Il questionario presentato – e discusso nei minimi particolari con i partecipanti – era suddiviso in tre sezioni: la prima mirava a quantificare il giro d’affari coinvolto in termini di biglietteria aerea, suddivisa per destinazione, vettore, classe; la seconda approfondiva l’organizzazione della struttura, sia interna che esterna all’azienda, che gestisce questa attività; la terza, infine, metteva in luce i processi gestionali che presidiano le fasi di prenotazione, rendicontazione, controllo, negoziazione e pagamento delle spese di biglietteria aerea, oltre alla reportistica disponibile. Un questionario molto completo, dunque, per consentire un’analisi sia di tipo quantitativo che qualitativo, consegnato ai partecipanti in forma cartacea e successivamente inviato anche via email così da consentirne la compilazione su pc. Ma, al fine di tutelare la riservatezza delle società partecipanti, come di consueto gli organizzatori hanno richiesto di inviare le risposte in modo rigorosamente anonimo per posta (busta bianca senza mittente e possibilmente con timbro postale diverso da quello della sede dell’azienda).
Qualche realtà ha poi rinunciato “in corso d’opera”, forse spaventata dalla mole di dati da reperire e da inserire, forse bloccata da altre priorità o dalla mancanza dei dati. Otto, quindi, sono stati i questionari ricevuti, pari a una redemption del 62%. Ma prima di entrare nel vivo dei risultati – che sono stati presentati alle aziende lo scorso 14 febbraio in occasione dell’ultimo forum di BTPlus -, una premessa è d’obbligo. I dati completi dell’indagine sono a disposizione unicamente delle aziende che hanno partecipato all’iniziativa. In questa sede, quindi, presentiamo un estratto delle elaborazioni effettuate, depurate dei dati sensibili che hanno permesso ad esempio un confronto sui costi di gestione e sui vettori più utilizzati.
I risultati
La spesa generale di business travel effettuata dalle otto aziende del nostro campione relativamente al periodo gennaio-ottobre 2002 varia da circa 500mila a più di 10 milioni di euro, con una media di oltre 4,6 milioni di euro. La biglietteria aerea incide in media sulla spesa totale di business travel per il 69%. I singoli valori sono però profondamente diversi, collocandosi tra un minimo del 29% e un massimo del 95%; e se il primo dato potrebbe identificare una società che si muove soprattutto sul territorio nazionale e quindi utilizza spesso mezzi di trasporto alternativi all’aereo, il secondo appare decisamente molto elevato e fa pensare che nella rilevazione complessiva della spesa di bt possa mancare qualche elemento.
La ripartizione della spesa
Per quanto riguarda poi la ripartizione della spesa tra voli nazionali e internazionali, la media si posiziona intorno al 40% per la biglietteria nazionale e al 60% per quella internazionale, ma le differenze tra azienda e azienda sono decisamente rilevanti: nel caso del comparto nazionale, ad esempio, si passa infatti da un’incidenza del 11,3% a quella dell’86,8%, a testimonianza di un profilo di business più globale – nel primo caso – o viceversa più domestico – nel secondo -.
Le otto aziende del nostro panel hanno acquistato nel periodo gennaio-ottobre 2002 in media oltre 7300 biglietti, di cui circa 4700 per voli nazionali e 2600 per tratte internazionali. Il costo medio (ottenuto dal rapporto tra il volume di spesa e il numero dei biglietti) di un biglietto nazionale varia a seconda delle aziende tra 224 euro e 311 euro, con una media di 273 euro; quello di un internazionale, invece, si colloca tra 713 euro e 1078 euro, con una media – su cui ricordiamo incide pesantemente il tipo di tratta, dato che un Milano-Parigi ha un costo ben diverso da un Milano-Sydney – di 824 euro. Il confronto di questi valori, però, non può essere assoluto, ma deve essere necessariamente mediato dalla considerazione del diverso potere contrattuale delle singole società.
Classi di servizio
Quanto poi alla classe di servizio utilizzata, se la first conta qualche caso sporadico, la stessa business è ormai un lusso che pochi possono permettersi – l’incidenza è infatti limitata al 7,4% – mentre l’economy raggiunge il 92,6%.
Saving
Per quanto riguarda poi il risparmio medio, misurato come differenza tra la tariffa Iata pubblicata di economy piena e quella che le aziende hanno dichiarato di pagare su tutte le principali tratte volate (nazionali, internazionali, intercontinentali), la media di saving riscontrata è del 27,8%, con un picco del 43% e una valle dell’8,5%; la situazione è, comunque, abbastanza omogenea con ben 5 aziende che mostrano valori vicini al 30%.
Organizzazione aziendale
Se passiamo quindi all’analisi dell’organizzazione aziendale, la seconda area investigata, va rilevato che solo il 50% delle aziende dichiara di avere un ufficio viaggi interno, con risorse (da 1 a 4 persone) dedicate. Anche se un altro 12%, pur in assenza di un vero e proprio ufficio viaggi, ha una persona che si occupa a tempo parziale della prenotazione della biglietteria aerea. La totalità delle aziende coinvolte nell’indagine ha poi un’agenzia di viaggi convenzionata.
Modelli contrattuali
Sono rappresentati tutti i modelli contrattuali: dal tradizionale rebate (25%) al management fee (25%), dal transaction fee (25%) alle formule miste (il restante 25%). Inplant sono presenti nel 62% dei casi, come pure le stp.
La Sla
Per quanto riguarda invece l’esistenza di un Service Level Agreement con l’agenzia, solo il 37%delle aziende risponde in modo affermativo. L’agenzia di viaggi gestisce comunque la quasi totalità delle prenotazioni di biglietteria aerea (dal 93 al 100%), tranne in un caso in cui l’azienda prevede anche un processo di prenotazione diretto da parte del viaggiatore o delle segretarie. Va sottolineato però che solo il 37% delle società ha ben chiaro il costo lordo del servizio dell’agenzia per la gestione della biglietteria aerea. E che il 75% delle aziende colloquia ancora con l’agenzia solo tramite telefono ed email, mentre il 12,5% utilizza anche un tool informaticoche consente di automatizzare il work flow e il 12,5% usa esclusivamente questo strumento.
Razionalizzare si può
Sulla base di questi dati è quindi possibile evidenziare la produttività di ciascuna organizzazione, sia in termini di volumi che di transazioni per persona. Se prendiamo ad esempio quest’ultimo valore, i dati evidenziano una variabilità estrema, con un minimo di 292 transazioni per persona e un massimo di 2050. Appare del resto evidente che maggiori razionalizzazioni – e un conseguente aumento di produttività – sono ottenibili laddove vi siano consistenti volumi, meglio se concentrati in una sola sede, e magari si possa contare sul supporto di uno strumento informatico. L’incrocio tra i dati relativi alle performance ottenute in termini di saving e di produttività diventa quindi la base per ciascuna organizzazione per avviare, coerentemente con gli obiettivi aziendali, eventuali progetti di Bpr (Business process reengineering) miranti a eliminare i gap di prestazione.
L’analisi dei processi gestionali
Per quanto riguarda infine l’analisi dei processi gestionali, emergono una serie di elementi di riflessione. Ad esempio, quasi tutte le aziende partecipanti (87,5%) hanno un processo documentato relativo all’iter di prenotazione della biglietteria aerea ma solo il 25% ne ha calcolato il relativo costo. Oppure, se andiamo ad approfondire l’ambito della negoziazione, si nota come sia largamente seguita la prassi di stipulare contratti diretti con i fornitori finali, spesso con il coinvolgimento dell’agenzia di viaggi, con ristorni al raggiungimento di obiettivi prefissati.
Mentre appaiono molto disomogenei i comportamenti relativi ad altre aree, quali la presenza di Service level agreement con i fornitori finali e l’utilizzo dei vettori low cost, cui ricorrono oggi ancora poche aziende ma che paiono convincere sempre di più.
Obiettivi futuri
Quale, dunque, il prossimo passo? L’impegno di BTPlus e delle aziende che hanno partecipato a questa iniziativa è di ripetere il confronto nel corso del tempo, a scadenze prestabilite, così da poter verificare se le azioni correttive eventualmente indotte dal benchmarking hanno portato a un miglioramento delle performance dell’azienda.