Fino al 2010 il comparto alberghiero in Cina è cresciuto a diversi livelli, per andare incontro a una richiesta del mercato, domestico e internazionale, che si è fatta sempre più esigente e sofisticata. Sono soprattutto i poli opposti – da una parte i budget hotel, dall’altra i boutique hotel – che hanno preso il volo. Oggi la crisi sta rendendo più critici i profitti. La partita vincente sarà di chi saprà offrire servizi unici ed esclusivi, con un tocco “green”.
Un tuffo nel vuoto
Immaginate di nuotare sospesi nel vuoto a più di 50 metri dal suolo. Sotto di voi, il brulicare di passanti in Xiuyan Road, a Pudong. Tutt’intorno, il futuristico skyline del quartiere finanziario di Shanghai. Succede all’Holiday Inn Shanghai Pudong Kangqiao, dove gli ospiti alla ricerca di emozioni forti possono provare a “volare nel cielo” nella nuova piscina a sbalzo con il fondale in vetro trasparente, che al 24esimo piano dall’interno si protende verso l’esterno. Progettata dallo studio di Singapore Chan Sau Yan Associates, che ha curato anche il design d’interni dell’albergo, è lunga 30 metri, larga 20 e profonda 1 metro e mezzo ed è la prima nel suo genere in Cina. «Volevamo offrire ai nostri ospiti un’esperienza di nuoto unica, per farli sentire in vacanza anche in una città frenetica», commenta un portavoce di InterContinental Hotels Group, a cui appartiene la catena Holiday Inn.
Unconventional hotel
Per un tuffo nella raffinatezza, The Waterhouse at South Bund è un edificio degli anni Trenta ai Cool Docks, quartiere alla moda sulle rive del fiume Huangpu, a Shanghai. Il progetto di ristrutturazione è stato curato da Neri & Hu Design and Research Office, pluripremiato studio di architettura tra i più conosciuti in Cina. Questo boutique hotel è frutto di un’operazione concettuale, che sposa antico e contemporaneo per offrire ai viaggiatori l’incontro con la bellezza piuttosto che l’esperienza del lusso. L’albergatore Loh Lik Peng descrive il palazzo, un tempo adibito a cantiere navale, come «un enorme guscio di cemento con una dozzina di scale che non portavano da nessuna parte» e continua: «Non avevo mai visto uno spazio grezzo così e immediatamente ne ho colto le potenzialità». Lyndon Neri e Rossanna Hu hanno mantenuto inalterata la facciata dell’edificio, rivendendo gli ambienti interni che si integrano con gli spazi esterni in un progetto tanto affascinante quanto funzionale.
Loh Lik Peng non è nuovo a operazioni di questo tipo. Ex avvocato aziendale, hotelier e ristoratore cosmopolita (Singapore, Shanghai, Londra), è cresciuto in Irlanda e si è trasferito in Asia nel 1997. Da 15 anni inventa ambienti unici in luoghi insoliti, dentro palazzi abbandonati che nessuno prenderebbe in considerazione. Nessuno che non abbia il suo fiuto. Sei alberghi e altrettanti ristoranti fa, l’Hotel 1929, il primo prodotto della sua Unlisted Collection, era stato un bordello del quartiere a luci rosse di Singapore. Loh è un maestro del non convenzionale.
In albergo come a casa
Come un altro pioniere del concept design “in salsa di soia”, l’imprenditrice singaporese Yenn Wong. Aveva solo 24 anni quando ha trasformato uno scialbo edificio in Causeway Bay, già di proprietà della sua famiglia, nel Jia Hong Kong, oggi J Plus Boutique Hotel, uno dei primi e più famosi boutique hotel asiatici. Oggi ne ha 33 e nel suo palmarès ci sono diversi premi. Il principio che sta alla base del suo successo è semplice. “Jia” in cinese significa “casa”. Il resto l’ha fatto Philippe Starck a cui Yenn ha affidato il design degli interni. Il riscontro è stato tale che Yenn Wong l’anno dopo ha aperto il Jia Shanghai, altro hotel di tendenza in un palazzo degli anni Venti, nel centro della città.
Sapore hollywoodiano
Colin Cowie è un lifestyle guru di origine sudafricana con base a New York, famoso per aver lavorato con star come Oprah Winfrey, Jennifer Lopez, Tom Cruise, Jennifer Aniston e altre ancora. Anche il designer d’interni Charles Allem è cresciuto in Sudafrica e come Cowie lavora negli Usa, a Miami. Insieme hanno cambiato il volto dell’ ex Hotel Miramar, ora The Mira Hong Kong, al TST (Tsim Sha Tsui), movimentato quartiere dello shopping nella metropoli asiatica. Con la facciata minimalista, il Mira coglie il visitatore di sorpresa per i suoi interni dallo stravagante sapore hollywoodiano e la tecnologia di avanguardia. Cowell ha voluto punteggiare il soffitto della gigantesca sala da ballo di LED, che significa poter scegliere tra 25mila stili di illuminazione diversi. E le camere sono tutte hi-tech. Un esempio? Il servizio My Mobile che consente di rispondere alle telefonate anche quando ci si trova in giro per la città.
Giocando con il colore
Imperdibile l’Hotel G. Inaugurato per le Olimpiadi di Pechino nel quartiere commerciale di Sanlitun, porta la firma del designer britannico Mark Lintott. Il progetto di Lintott ha trasformato un edificio anonimo in uno dei 10 più celebrati boutique hotel al mondo, vincitore di numerosi premi. Il sistema di illuminazione interna consente agli ospiti di influire sia sul proprio ambiente sia sugli esterni, modificando i colori delle finestre che si aprono sulla facciata dell’hotel, blu notte. Notevole l’architettura d’interni, curata nei minimi dettagli. Nella lounge 25 Degrees il bar è di vetro rosso di Murano. E le divise del personale sono state disegnate dalla stilista cinese Han Feng, famosa per aver creato i costumi della celebrata Madama Butterfly di Anthony Minghella, nel 2006 al Metropolitan di New York.
A Sanlitun si trova anche The Opposite House, disegnato dall’architetto giapponese Kengo Kuma. Si presenta come un cubo in vetro color smeraldo che ricorda il tipico paravento cinese, con un immenso atrio centrale attorno a cui si sviluppano gli altri spazi.
Lo chic a emissioni zero
Eco chic l’impronta dell’URBN Hotel Shanghai, il primo albergo cinese a emissioni zero. Il concept design dell’edificio, negli anni Settanta un ufficio postale, è di A00 Architecture, bio architetti canadesi, mentre gli interni sono una creatura di Tais Cabral, designer parigina di origini brasiliane. In questo boutique hotel nel cuore della città asiatica la parola d’ordine è sostenibilità. Creato per viaggiatori ispirati ed eco consapevoli, l’URBN si presenta come una raffinata oasi cittadina dove tutto, ma proprio tutto, è green.
Testo di Simona Silvestri, Mission n. 6, ottobre 2012