Che l’avvento del low cost abbia rivoluzionato – o provocato un sensibile smottamento – nel pianeta voli è un fatto innegabile. Dallo sparuto 13% del 2004, i collegamenti in economia sono arrivati a rappresentare nel 2010 il 22% dei voli internazionali, e il 32% di quelli domestici. La crisi economica che ha colpito l’Europa e buona parte del mondo, coinvolgendo il mercato del traffico aereo, ha cominciato a sgonfiarsi nei primi mesi del 2010, ma la sua lunga ombra ha ormai cambiato l’atteggiamento della gente. Il low cost è diventato non più l’ultima spiaggia ma un lido abbordabile, non solo più conveniente, ma a volte più bello. Da scelta obbligata si è trasformato in scelta consapevole, in una sorta di filosofia di vita.
La veterana Ryanair è oggi, non a caso, la linea aerea più gettonata in Spagna, dove ha spiazzato Iberia, mentre in Italia occupa il secondo posto, e nel frattempo ha superato nel suo Paese Aer Lingus, la storica compagnia di bandiera irlandese. «Il segreto del nostro successo è che non abbiamo concorrenza – spiega Stephen McNamara, responsabile della comunicazione -: la concorrenza siamo noi. Quando portiamo i nostri prezzi bassi in un nuovo mercato, contiamo di diventare la seconda compagnia in quel mercato nel giro di 12 mesi». Va da sé che Aer Lingus, che nel 2007 è diventata a sua volta low cost, ha rilanciato con offerte stracciate, concorrenziali con quelle di Ryanair. La predilezione per i voli a basso costo, tra l’altro, oggi riguarda anche le aziende, che per ridurre le spese di trasferta sempre più spesso inseriscono nelle proprie travel policy la prenotazione delle “no frills”.
Sempre più simili
La caratteristica che fin dagli anni Novanta ha distinto i low cost dai vettori di linea e ne ha decretato il successo è, come è noto, l’assenza di frills per abbattere i costi: pasti a bordo soltanto a pagamento, supplemento sui bagagli stivati, prenotazioni online, aeroporti di solito decentrati per garantire la velocità delle operazioni di imbarco e sbarco e perché costano meno, e voli rigorosamente point to point (non esistono le coincidenze e il check-in viene fatto separatamente per ogni tratta). Di solito si utilizza un solo tipo di aeromobile in modo da poter impiegare lo stesso personale su tutti i velivoli e facilitare la manutenzione. Oggi, però, le differenze tra no frills e compagnie aeree tradizionali si vanno attenuando. Tanto per cominciare, molte aerolinee di bandiera hanno creato una loro compagnia a prezzi bassi, come nel caso di Alitalia che nel febbraio del 2010 ha trasformato Air One in uno smart carrier, cioè in un vettore «caratterizzato da tariffe competitive ed elevati standard di servizio e comfort», secondo la definizione di Gianluca Marchio, responsabile marketing di Air One. Dal primo luglio di quest’anno, la compagnia ha avviato collegamenti da Pisa, che così diventa la sua seconda base di armamento (dal Galileo Galilei, Air One volerà verso otto destinazioni in Italia e all’estero).
Anche Lufthansa nel 2009 ha acquisito Germanwings, attualmente una delle low cost leader in Europa. Attiva dal 1997, la no frills tedesca serve 75 destinazioni e durante l’orario estivo ha lanciato nove nuove rotte da e per l’Italia. Benché si tratti di una low cost a tutti gli effetti, Germanwings offre alcuni servizi che si avvicinano a quelli delle compagnie standard, per esempio utilizza gli aeroporti principali, in cui si concentra il maggior numero di uomini d’affari (il 41,6% dei clienti della compagnia sono business traveller). «Offriamo ai nostri clienti più servizi di una semplice low cost – spiega Angelika Schwaff, responsabile delle Relazioni Internazionali -. Grazie a un differenziato sistema di tariffazione (Basic, Best e Flex), la nostra compagnia propone infatti, a tariffe competitive, servizi come la prenotazione del posto e uno snack con bibita a bordo». Un importante valore aggiunto è che dai primi di quest’anno i biglietti andata e ritorno delle due compagnie (Germanwigs e Lufthansa) sono acquistabili in un’unica transazione. Infine, volando con Germanwings si accumulano miglia su Miles & More, il programma fedeltàdella compagnia madre. Un servizio simile è offerto anche da Vueling: grazie a un accordo con Iberia, si possono accumulare punti per due programmi di fedeltà, Punto e Iberia Plus.
Per tenere testa alla concorrenza (non solo delle low cost), molte compagnie tradizionali hanno lanciato già da qualche anno una politica di primi prezzi che permette di vendere un certo numero di posti per ogni tratta a tariffe molto abbordabili, per tornare poi ai prezzi normali una volta esauriti quei posti. In questo modo, viaggiare con una compagnia standard può diventare altrettanto conveniente che partire con una low cost. «Nei fatti, la differenza oggi non è più tra vettori tradizionali e low cost, quanto tra breve e lungo raggio – ha dichiarato David Jarach, presidente di Diciottosettembre Aviation Advisory, nel corso del Forum “Customer Value Management: nuovi modelli per generare valore nell’airline business” che si è svolto il 6 ottobre scorso a Milano -. Ed è prevedibile altresì sul breve raggio un riallineamento medio delle tariffe (più costose quelle low cost, più competitive le legacy)».
Il fatto che oggi i vettori tradizionali somigliano sempre più ai low cost è evidente osservando le strategie delle compagnie di linea statunitensi. Prendiamo un gigante come la nordamericana Delta, leader sulle rotte transatlantiche, che nel 2010 ha trasportato 160 milioni di passeggeri con un ricavo di 31.8 miliardi di dollari. «I vettori low cost si concentrano su un modello diverso e siamo fiduciosi che la nostra strategia di crescita internazionale continuerà ad avere successo» sottolinea Patrizia Ribaga, direttore commerciale della Delta Air Lines per l’Italia -. Però anche la Delta ha adottato modelli tipici delle compagnie low cost. Per esempio, offre paperless eBoarding in 64 Paesi nel mondo, incluse 12 città in Europa (tra queste, in Italia, ci sono Milano, Roma, Pisa e Venezia). «Con l’eBoarding i clienti Delta possono utilizzare i propri iPhone, BlackBerry oppure smartphone Android come accesso ai controlli di sicurezza e per imbarcarsi sui loro voli dimenticando cosi le procedure cartacee», dice Ribaga. La stessa Delta, d’altronde, ha introdotto la regola dell’extra charge di cinquanta dollari sul secondo bagaglio sui voli dagli Stati Uniti all’Europa, assecondando in questo senso una tendenza all’unbundling(separazione delle voci che compongono la tariffa del biglietto aereo) che si sta diffondendo negli States. In questo Paese, alcune compagnie aeree tradizionali vendono cioè un biglietto a un prezzo di base a cui andranno poi aggiunti gli extra per i pasti, la prenotazione del posto a sedere e i bagagli (le combinazioni variano a seconda della compagnia).
C’è low cost e low cost
Non tutte le low cost sono uguali. Il mondo delle no frills è variegato e se Ryanair tiene al suo status di low cost puro, la compagnia spagnola Vueling, considerata la quarta migliore compagnia a basso costo in Europa, permette di scegliere gratis il posto a bordo (direttamente online) e di selezionare a pagamento il Posto Duo, un posto nelle prime tre file senza nessuno accanto. «Vogliamo offrire ai nostri passeggeri i migliori servizi caratteristici sia delle compagnie aeree tradizionali sia di quelle definite low cost – dichiara Massimo Di Perna, country manager per l’Italia -. Un esempio fra tutti è rappresentato dai voli in connessione Vueling to Vueling che permettono di raggiungere l’intero network della compagnia facendo scalo a Barcellona, con un unico check-in per tutte e due le tratte e il ritiro del bagaglio che viene imbarcato direttamente all’aeroporto di destinazione». Quanto ad Air One (che però, come sottolinea Gianluca Marchio, non è una vera e propria low cost), «offre, senza costi aggiuntivi, l’assegnazione del posto e la possibilità di acquistare il biglietto oltre che sul sito www.flyairone.com, anche tramite un call center dedicato e tramite le agenzie di viaggio». Ricordiamo che dal 28 marzo 2010 Air One ha trasportato 950mila clienti e quest’anno, grazie ai nuovi investimenti e all’apertura di nuove destinazioni, conta di arrivare a 1,6 milioni.
Quasi tutte le compagnie a basso costo (ad eccezione di Ryanair), hanno cominciato a vendere i biglietti non solo online, ma presso le agenzie di viaggi e con Gds. E altre ancora sovvertono una delle caratteristiche di questa tipologia di aerolinee (utilizzare gli aeroporti periferici) volando negli scali principali. È il caso, per esempio, della già citata Vueling e di easyJet, seconda compagnia low cost in Italia.
Modello ibrido
La sintesi perfetta tra modelli tradizionali e low cost è stata realizzata in Europa dalla tedesca airberlin, l’unico vettore ibrido del nostro continente, vale a dire che garantisce le caratteristiche dei due modelli in un solo prodotto e che ha ottenuto una eccellente risposta dal pubblico. La proposta di airberlin comprende un alto standard di servizio e i prezzi contenuti dei vettori low cost con tutti i frills, però, che queste di solito escludono. Per esempio l’assegnazione del posto in check-in, i pasti a bordo gratis (nonché giornali e riviste), i banchi di check-in, fast lane e imbarco prioritario, le coincidenze garantite e così via. airberlin potrebbe considerarsi una sorta di modello pilota. Per esempio, ha appena acquistato un B737-700 con il nuovo design della cabina Sky Interior, che garantisce tra le altre cose rumore ridotto, maggiore spazio per i posti nel corridoio e pareti laterali meno convesse.
Seconda per traffico in Germania, la compagnia tedesca, nata 31 anni fa, vanta un curriculum di tutto rispetto: ha ricevuto dieci premi per la qualità negli ultimi mesi, nel solo 2010 ha trasportato 33,6 milioni di persone e dispone di 167 aerei di nuovissima generazione e di quattro hub: a Berlino Tegel, Dusseldorf, Monaco e Palma di Maiorca (per inciso, ci sono collegamenti da 14 aeroporti italiani).
L’esperienza airberlin dimostra che il low cost non è sinonimo di bassa qualità, ma è da parecchio che il viaggiatore low cost ha smesso di essere considerato un budget traveller. «La novità è il low cost di qualità come vero e proprio business model”, aveva dichiarato, in una intervista al Corriere della Sera del 2009, il sociologo dei consumi Giampaolo Fabris, scomparso nel maggio dell’anno scorso -. L’ intera ?liera, dall’ approvvigionamento alla produzione alla logistica, viene studiata per contenere i costi, offrendo però al consumatore un alto valore, oggettivo o percepito. Tanto che l’immagine di queste aziende è quasi sempre eccellente». E infatti, da un recente studio è emerso che i viaggiatori low cost non sono affatto giovani squattrinati ma, nel 50 per cento, si tratta di persone che hanno intorno ai 35 anni e la cui capacità di spesa è solo del 10 per cento inferiore a quella dei viaggiatori tradizionali. A volare low cost, da qualche tempo, sono anche molti uomini d’affari che viaggiano per lavoro in Europa e ritengono che i vettori low cost siano adeguati alle loro esigenze, tenendo conto che si tratta di voli brevi in cui il comfort è assicurato. Inoltre, le low cost coprono spesso tratte che non vengono coperte dai vettori tradizionali e che sono interessanti per i business traveller.
Un traino per l’industria
Stando al report dell’Enac di quest’anno, il modello low cost si è talmente affermato da avere trainato, negli anni bui della crisi, l’intero mercato del traffico aereo. In altre parole: mentre il traffico tradizionale restava stabile, quello dei low cost registrava una crescita consistente. Secondo i dati del Certet, il Centro di economia dei trasporti e del turismo dell’Università Bocconi, nell’estate 2009 circa il 50 per cento dei passeggeri ha viaggiato low cost, contro il 38 per cento delle compagnie di linea, l’8 per cento delle regionali e il 4 per cento dei charter. Il concetto, ormai assimilato, è che il low cost permette di risparmiare senza escludere la qualità, tanto è vero che gli aerei delle compagnie low cost sono spesso nuovissimi e confortevoli.
Scenari futuri
A detta di Fabio Cannavale, managing director di Volagratis, il motore di ricerca in Italia per voli low cost della Bravofly (la leader europea per la ricerca e l’acquisto dei voli low cost), nel giro di quattro anni le differenze tra low cost e tradizionale saranno completamente sparite, nel senso però che i vettori tradizionali saranno diventati molto simili alle low cost. «Trovo più corrette le loro procedure. Non è giusto che chi imbarca un bagaglio paghi come chi parte con il bagaglio a mano né che chi decide di non mangiare debba comunque pagare un pasto che non consuma». Un concetto ribadito da Stephan Mc Namara: «Noi offriamo il 99 per cento dei servizi traditional airlines, la differenza è che Ryanair fa pagare ai passeggeri soltanto i servizi che utilizzano, mentre Alitalia chiede a tutti i passeggeri di pagare per il bagaglio, perché il bagaglio incide sui loro prezzi più alti. Riteniamo che il nostro sia il modello migliore per i passeggeri».
Cannavale è addirittura convinto che i vettori tradizionali imiteranno quelli low cost, dato che questi ultimi si sono dimostrati vincenti («Nel nostro sito vendiamo al 65% low cost», spiega). Tanto per cominciare, le compagnie tradizionali hanno adottato la tratta unica (il volo di andata che viene acquistato separatamente da quello di ritorno), una trovata delle low cost.
Eppure, secondo molti specialisti, non saranno solo le compagnie tradizionali a dover fare i salti mortali per adeguarsi alle esigenze del mercato. Nemmeno le low cost potranno sedersi sugli allori. Lo studio pubblicato da Iccsai FactBook di quest’anno avvisa di un possibile rallentamento della crescita della capacità e del traffico per i vettori low cost e di un aumento della concorrenza diretta. Per mantenersi a galla o fare il salto di qualità le compagnie a basso costo dovranno darsi la cosiddetta mossa. Per esempio curare ancora di più i clienti business ed essere in grado di fornire ai viaggiatori servizi simili a quelli dei vettori standard, per esempio il già citato avvicinamento alla distribuzione tramite agenzie di viaggi o Gds. Inoltre, dovranno essere in grado di proporre programmi frequent flyer, che alcune compagnie stanno già implementando.
Testo di Gabriella Saba, Mission n. 5, settembre 2011