Il mercato del lusso non conosce crisi. Se ne è parlato anche durante il recente BizTravel Forum (leggi qui i nostri report sull’evento) in un panel che ha riunito, sotto la moderazione di Francesca Benati, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Amadeus Italia, Magda Antonioli Corigliano, Responsabile Master in Economia del Turismo dell’Università Bocconi di Milano, Gaddo Della Gherardesca, Presidente dell’Associazione Dimore Storiche Italiane, Massimo Fubini, Ceo di ContactLab, Ettore Sarzi, Presidente Skorpion Travel e Luca Patanè, Presidente del Gruppo Uvet che ha candidamente affermato che “al momento il lusso non è certamente core per noi. Ma con la giornata di oggi vogliamo lanciare un commitment, per creare un prodotto perfetto per l’incoming in Italia”.
Tra Luxury e Bluxury, il mercato del lusso si fa esperienza e cresce a livello mondiale, con l’Oriente sugli scudi
“Un mercato che cresce del 5% ogni anno “esordisce Benati, che precisa come al mondo “vi siano 14 milioni di HNWI (High Net Worth Individuals, persone con elevato reddito disponibili, ndr) e 2.100 miliardari, a cui sommiamo tutti coloro che si rivolgono solo saltuariamente a prodotti e servizi di lusso che non è più ostentazione (quella la lasciano ai social, veri o presunti che siano alla Riccanza, ndr) ma ricerca della unicità e personalizzazione massima”. Anche aldilà delle classi sociali.
Il mercato del lusso non più quindi come abbaglio, dal latino Lux, bensì come “personalizzazione ed esperienza” come sottolinea Magda Antonioli che nella sua ricerca presentata nello scorso marzo ha definito come per l’Italia questo sia un mercato di grandi opportunità, in quanto il Belpaese “sia primo come meta desiderata ma solo al quarto per fatturato, e al sesto per l’hotellerie di lusso”. Un mercato che ai classici paesi di origine degli Stati Uniti, Giappone ed Europa in generale, si aggiungono ora quelli dell’Asia Continentale con previsioni di crescita per il prossimo decennio del più 6,5% annuo, con la Cina e l’India a più 13%, la Russia a più 10% e il Golfo a più 4%”. Esperienze e unicità che si calcola rappresentino il 55% della spesa per il segmento luxury e siano soprattutto connesse a enogastronomia, arte (intesa soprattutto come contemporanea), wellness-fitness e sport estremi e shopping. Con una nuova modalità di fruizione, ovvero quella digitale e social, in quanto la digital experience in fase di prenotazione risulta la prima fonte di informazione, nonché canale di prenotazione per i luxury traveller, con il 72% di loro che si rivolge direttamente al sito dell’hotel o della compagnia aerea
Secondo Fubini questi sono clienti “nominativi, come l’80% dei consumatori del lusso, con il brand sempre più forte, che sta sostituendo l’idea del pluribrand. Un comportamento che vediamo anche nel mondo dei viaggiatori, che crescono sempre di più in Cina, dove comprare per le esperienze ma anche per fare shopping, visto le alte tasse nel proprio paese. Sono consumatori sotto i 35 anni, un po’ ‘mostri’, che adottano nuove modalità di relazione e si affidano ai brand. Anche quelli della moda per viaggiare, vedi le guide dei grandi marchi”.
Un turismo del mercato del lusso che “vive di passa parola” come afferma Patanè, quel conversonal commerce di cui parla anche Benati, “che non può prescindere dalla tecnologia”. Ma, naturalmente, anche dal “servizio e dalla privacy”, come sottolinea Sarzi, un italiano che ha fatto viaggiare nel mondo anche il Duca di York, che come sua bibbia ha “l’assistenza totale pre, durante e post, la disponibilità 24 ore al giorno e la conoscenza del prodotto che molte adv non hanno. Ecco il perché vengono bypassate, alla continua ricerca di relazioni interpersonali”. Relazioni che si possono facilmente allacciare con i “4500 disperati proprietari riunitesi nell’Associazione Dimore Storiche Italiane, nati 40 anni fa per concentrare le forze, sia per la promozione che per costruire un’offerta ad hoc per questo mercato