Dopo l’annuncio da parte di easyJet di aver richiesto un certificato di volo in Austria, per poter lanciare easyJet Europe (leggi qui), “nuova” realtà che la numero uno del vettore abbandonerà ancora in fasce (leggi qui l’addio di Carolyn McCall), anche le altre compagnie britanniche stanno predisponendo “piani B” post Brexit. Facile per Ryanair che, malgrado il Regno Unito sia il suo primo mercato, è comunque basata in Irlanda, con i suoi voli tra l’Ue e la Gran Bretagna che ricadranno tranquillamente negli accordi bilaterali tra le due realtà. L’unico dubbio i voli domestici tra Scozia e Inghilterra o tra questa e l’Irlanda del Nord, visto che per questi voli dovrebbe ottenere un certificato di volo britannico. Altra compagni per cui Brexit non sarebbe un grosso problema è Virgin Atlantic che opera solo voli lungo raggio da e per il Regno Unito, con operazioni che andrebbero a ricadere sotto gli accordi bilaterali tra i paesi.
Brexit, la strategia del gruppo Iag
Non si sa e ci aveva visto lungo o fu solo fortuna. Ma quando ci fu la fusione tra British Airways, con un peso maggiore nel duo, e Iberia, e la sua controllata Vueling, il gruppo Iag aveva scelto di mantenere la sede a Madrid, ovvero all’interno della Ue. Inoltre tre delle compagnie del gruppo, Iberia, Vueling e Aer Lingus, sono europee e oltre il 50% degli investitori sono comunitari, tra cui anche il 20% del capitale in mano a Qatar Airways, visto che il veicolo di investimento è basato in Lussemburgo.