Quale sarà l’impatto della Brexit nel trasporto aereo? Di questo si è parlato in un convegno internazionale organizzato dallo studio Pierallini in collaborazione con l’Università Luiss di Roma, cui hanno partecipato esperti provenienti principalmente da Regno Unito e Italia. Alla luce del fatto che tramite il referendum del 23 giugno 2016 i cittadini britannici hanno deciso di abbandonare l’Unione europea, ci si chiede come potrà cambiare il settore.
Brexit nel trasporto aereo, quattro scenari per non penalizzare l’industry
Molto chiare le posizioni del Paese di Albione dopo il 30 marzo 2019, giorno in cui il diventerà a tutti gli effetti uno Stato terzo: “Il Regno Unito potrebbe far parte dell’area economica europea, come la Norvegia” ha spiegato Mark Bisset, avvocato londinese socio di un’azienda attiva nel settore dell’aviazione civile. “Un altro scenario sarebbe quello di far parte solo dello spazio aereo comune europeo, come avviene per la Serbia. Terzo caso: negoziare un accordo bilaterale con la Ue, com’è il caso della Svizzera. Quarto e ultimo caso: rinegoziare accordi separati con ciascun paese comunitario. In tutti questi i casi, il settore aeronautico non ne risentirebbe”.
Mark Bisset traccia anche un profilo di quello che potrebbero essere le misure messe in campo dalle compagnie con sede oltremanica: la prima è spostare la propria sede in un Paese della Ue, aggirando ogni ostacolo. Il secondo? Rinegoziare tutti gli accordi in atto, in modo che potrebbero mantenere la sede nel Regno Unito senza alcun cambiamento effettivo. Potrebbero poi accedere a tutti i trattati dell’Unione europea come terza parte (leggi come Gbta affronta il tema dell’uscita del Regno Unito dalla Ue).
Tutte queste ipotesi, non cambierebbero di molto il trasporto aereo per gli utenti. Anche se la regolamentazione europea basata sulla libertà dei cieli dovrà essere rivista, anche alla luce del fatto che le statistiche europee indicano che, nel 1° quadrimestre 2017, il traffico aereo negli aeroporti del continente è cresciuto mediamente del 6,9%.
“In ogni caso, il nostro obiettivo è quello di proteggere il consumatore: il Regno Unito potrà pure uscire dalla Comunità ma non cesserà di essere un partner europeo” ha detto David Kendrick, manager della Civil Aviation Authority di Sua Maestà.
Presente anche Alessio Quaranta, direttore generale dell’Enac, che ha sottolineato come gli scenari possibili nel post Brexit siano 2: “Se il Regno Unito rimane nello spazio aereo comunitario – come Norvegia, Islanda o Paesi balcanici – le compagnie britanniche avranno accesso al mercato come gli altri vettori. Se invece lo lascia, l’Unione europea tratterà le compagnie d’oltremanica come quelle di Paesi terzi come la Svizzera. In tal caso, Londra dovrà rinegoziare numerosi trattati di ‘open sky’. A tal proposito, easyJet (britannica) dovrà acquistare una licenza Aoc (Air Operator Certificate) per operare nell’Unione mentre Ryanair (irlandese) dovrà acquistare un Aoc britannico per coprire rotte domestiche del Regno Unito o rotte in partenza da qui verso altri Stati”.
C’è poi un’altra questione, sollevata dal direttore dell’Ente Nazionale per l’Avizione Civile: con la Brexit nel trasporto aereo, vettori britannici non potranno più essere posseduti oltre il 50% da entità europee. Tra queste easyJet (per l’84% di proprietà di aziende Ue. Leggi di come cresce in Italia) e Iag. “L’importante – sottolinea Alessio Quaranta – è che in ogni caso, i passeggeri saranno tutelati da eventuari mutazioni radicali del panorama aeronautico europeo e non perderanno i loro diritti in caso abbiano già acquistato biglietti di compagnie britanniche”.