Due ruote motrici in più: quando conviene

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Sono moltissime le marche automobilistiche che offrono l’alternativa della trazione 4×4 su alcuni modelli della gamma. Alcuni costruttori fanno della trazione integrale una vera e propria bandiera, come per esempio Jeep, Subaru e Land Rover. Tra i premium brand tedeschi, molto diffusi nelle flotte aziendali, tutta la gamma media e alta offre l’opportunità al compratore di scegliere tra trazione singola e 4×4, quest’ultima chiamata da Audi “quattro”, da BMW “xDrive” e da Mercedes “4matic”, ma tutte progettate e realizzate per offrire ai clienti una sicurezza di marcia a 360 gradi.  Dal punto di vista commerciale, pur con differenziate strategie di marketing tra un costruttore e l’altro, le versioni a trazione integrale costituiscono, a seconda dei marchi e dei modelli, una quota nelle vendite che va dal 10 al 40%. Medesima percentuale si registra, nelle immatricolazioni italiane, anche nella categoria delle suv: in questo segmento di mercato che, per certi aspetti si affianca (o sostituisce) le vere fuoristrada, la trazione singola rimane comunque la più diffusa. Perché? Prevalentemente per una ragione legata al prezzo di listino.

Il “caso” Audi “quattro”
Nelle flotte aziendali, la trazione 4×4, pur apprezzatissima (e agognata dai driver), non è molto diffusa, soprattutto perché l’aggravio di costo viene considerato troppo elevato dai decision maker delle car policy. Ma è veramente così in termini di Total Cost of Ownership? E i vantaggi nella sicurezza non bilanciano ampiamente la spesa maggiore? Secondo MissionFleet sì, e vi dimostriamo il perché.
Partiamo da un esempio concreto. Un modello molto diffuso nelle flotte aziendali è l’Audi A4 Avant, disponibile sia a trazione anteriore sia “quattro”, con una vasta gamma di motorizzazioni a benzina o a gasolio. Le versioni a trazione integrale sono presenti, tra le diesel, sia sul più diffuso 2.0 TDI da 177 CV (il più potente tra i “due litri”) sia sul top di gamma 3.0 V6 TDI. Mentre su quest’ultimo la trazione integrale costituisce oltre il 70% delle immatricolazioni alle aziende, pur con una differenza di prezzo di circa 6.000 euro (+15%), sul 2.0 TDI la diffusione è limitata attorno al 25%, nonostante la differenza di prezzo sia di soli 2.600 euro (+6,9%). Occorre precisare che il divario di costo sulle 3.0 TDI è in parte giustificabile, oltre che per la presenza della trazione “quattro”, anche per il motore più potente e per il tipo di cambio automatico più sofisticato S-tronic rispetto al Multitronic della A4 Avant 3.0 TDI a trazione anteriore. La dotazione di potenza e cambio sulle A4 Avant 2.0 TDI è invece la stessa. Da questa analisi emerge chiaramente che le versioni “tremila” sono destinate a user-chooser che appartengono a una categoria professionale di elevato livello, fascia di utenza i cui limiti di spesa sono meno vincolanti. Mentre nelle versioni di gamma inferiore, la componente prezzo di listino è molto più influente.
Ma cosa succede in termini di valore residuo? Le versioni “quattro” mantengono costantemente una quotazione nell’usato superiore di circa 5 punti percentuali rispetto a quelle a trazione anteriore, oltre a una rivendibilità sensibilmente migliore: sono cioè più ricercate dai compratori di vetture di seconda mano. Quindi il gap di spesa maggiore nell’acquisto del nuovo in pratica si annulla. Anche se quasi sempre i noleggiatori propongono canoni più elevati per le versioni a trazione 4×4 (generalmente la differenza è attorno ai 100 euro/mese). Giustificabile, come abbiamo detto, soltanto in piccola parte sul versante del valore residuo, un po’ di più in termini di costi di gestione (la manutenzione è più complessa e la sostituzione di pneumatici più frequente). In termini di aggravio nei costi di gestione, le versioni “quattro” sono penalizzate da un consumo di carburante maggiore (per la A4 Avant siamo attorno al 10%: i dati dichiarati dal costruttore parlano di un consumo medio di 21,7 km/litro per la 4×2 e di 19,6 per la 4×4). Mentre sul versante delle emissioni, entrambe le 2.0 TDI rimangono su livelli molto bassi, anche se differenti: 120 g/km di CO2 per le versioni a trazione anteriore e 134 per le “quattro”.

La sicurezza giustifica il prezzo
Cosa offre in più una vettura a trazione integrale in termini di sicurezza? Molto, moltissimo. Per esempio garantisce una tenuta di strada ineccepibile sui fondi scivolosi e, in caso di nevicate abbondanti, permette di marciare senza problemi (ovviamente se dotata di pneumatici invernali, che peraltro ormai sono impiegati dalla quasi totalità delle vetture aziendali nei mesi invernali). La stabilità, in caso di manovre d’emergenza, è nettamente migliore e anche gli spazi di frenata sono inferiori.
In termini di economia industriale, la trazione integrale costa parecchio al costruttore: la presenza di un doppio differenziale, di un albero di trasmissione e di una catena cinematica più complessa costituiscono un aggravio di prezzo, che si aggiunge a quello necessario alla realizzazione delle modifiche al pianale per fare spazio alla trazione 4×4. E che è ulteriormente aggravato da un ammortamento dei costi di progettazione e industriali meno efficiente perché effettuato su numeri di produzione inferiori. I costi, però, vengono recuperati anche in termini di immagine: un costruttore come Audi, per esempio, ha basato buona parte della sua fama in termini di sicurezza, proprio sul concetto di trazione “quattro”. Una strada seguita pure da BMW e Mercedes, anche se forse non con la stessa efficacia.

Il motore elettrico aiuta
La diffusione dei sistemi a trazione integrale potrebbe crescere nel prossimo futuro (oggi in Italia le vendite di 4×4, assommando vetture, suv e fuoristrada, si attestano attorno al 10% del totale delle immatricolazioni), perché l’avvento delle motorizzazioni elettriche in modalità ibrida, cioè a supporto dei motori termici, permette la trasformazione di un’auto a trazione singola in quattro ruote motrici. Il caso tipico è quello della Peugeot 3008 Hybrid4, il cui propulsore elettrico serve ad alimentare la motricità delle ruote posteriori, mentre il motore diesel trasmette potenza a quelle anteriori. Il medesimo schema è adottato anche dalla recente versione ibrida della Citroën DS5. Questo sistema permette di risparmiare su alcune componenti e la tecnologia ibrida contribuisce ad abbassare i consumi e le emissioni a livelli inferiori rispetto alle auto di pari categoria ad alimentazione tradizionale e con trazione 4×2. Analogo sistema, ma con il motore elettrico abbinato a uno a benzina, permette la realizzazione della trazione integrale sulle Lexus RX450h.

Come calcolare la spesa giusta
Ma quanto è lecito spendere in più per godere dei vantaggi della trazione integrale? Secondo MissionFleet si può prendere come termine di riferimento una percentuale del 10% di maggior costo. Tenendo però in considerazione anche l’aggravio dei consumi e delle emissioni. La tabella che pubblichiamo in questo servizio, che si riferisce ai modelli di 4×4 più interessanti per le flotte, può essere di supporto nella scelta.

 

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