Da un’inchiesta condotta presso una decina di grandi aziende italiane, risulta che la percentuale di driver donna ha superato il 25%. Un dato che indica una tendenza che si sta affermando sempre di più nel mondo del lavoro: le donne costituiscono una fetta sempre più importante nell’impresa e dunque anche la flotta aziendale deve tenere in massimo conto le esigenze del gentil sesso.
In un mercato dell’auto business che, fino a poco tempo fa, era di esclusivo appannaggio dei maschi,
quali elementi di distinzione chiedono le donne? E trovano soddisfazione alle loro esigenze? E ancora: l’auto ideale della donna lavoratrice al volante si differenzia di molto da quella dell’uomo? L’indagine offre spunti decisamente interessanti, anche se non ha nessuna valenza di rigore scientifico.
Cavalli? Sì, grazie
Cominciamo con lo sfatare un primo luogo comune: che le donne al volante si accontentano di cilindrate modeste e di dotazioni di potenza limitate. Per chi utilizza l’auto per lavoro, la potenza del motore e la capacità di ripresa sono una dote da tenere in massima considerazione. Semplicemente, però, le donne non ne fanno una questione di numeri assoluti o di aride rilevazioni cronometriche, bensì privilegiano concetti più “astratti”, ma consapevolmente significativi, quali “lo scatto”, “la ripresa”, “la possibilità di togliersi d’impaccio in situazioni di emergenza”. Sfumature? Nient’affatto. Segno inequivocabile di coscienza: l’auto serve per muoversi per lavoro: farlo nel minimo tempo necessario, in rapporto alle condizioni del traffico, e nella massima sicurezza è l’esigenza primaria. Tutto il resto, aride cifre dello “da 0 a 100 all’ora” comprese, meglio lasciarle agli uomini.
A proposito: più che lo “0-100”, alla driver in gonnella interessa nettamente di più il “100-0”, cioè in quanto spazio si ferma l’auto in condizioni di emergenza. Magari abbinando anche il concetto di ecologia: le donne guardano con estremo favore le vetture che hanno basse emissioni inquinanti e, soprattutto, quelle che richiedono poco carburante, anche se il conto del benzinaio lo paga l’azienda.
Il tema della sicurezza è però quello fondamentale, soprattutto per quelle donne che appartengono alla categoria degli user-chooser. La competenza tecnica è ormai vicina a quella degli uomini. Discutono tranquillamente di airbag (quanti sono e dove sono posizionati) e di brake assist, dimostrano interesse per sistemi innovativi quali il night vision, il controllo della velocità autoadattivo e il pedestrian detection (il sistema radar installato, per esempio, nelle ultime Volvo S60 che monitorizza i pedoni sulla strada che si trovano in prossimità dell’auto, e che, in caso d’emergenza, frena l’auto in modo autonomo). Fondamentale il controllo degli attacchi Isofix sotto i sedili, perché le donne vogliono garantire la sicurezza dei loro bambini quando li posizionano sul seggiolino per auto.
Cambio automatico? Sì, ma…
E veniamo a un altro classico luogo comune: la donna al volante mal si adatta alle trasmissioni automatiche. Oggi non è più così. Le driver aziendali hanno sposato con entusiasmo il cambio automatico. Anche se dimostrano scarso interesse per i più sofisticati cambi sequenziali con comandi a “paddle” dietro al volante. Il cambio automatico tradizionale, quello, per intenderci, che cambia semplicemente da solo, è la soluzione auspicata. Perché consente di non staccare le mani dal volante, di non stancarsi eccessivamente con la frizione durante le code nel traffico, e così via. Ancora una volta, insomma, è la sicurezza a fare da sfondo nelle scelte, ma non è l’unico tema fondamentale nella scelta dell’auto aziendale in rosa. Massima importanza riveste il comfort, per esempio: pochissime donne scelgono assetti ribassati, cerchi in lega maggiorati e via dicendo, ma tengono in massima considerazione la possibilità di regolazione dell’assetto di guida, la conformazione dei sedili, il comfort della seduta, l’efficienza dell’impianto di climatizzazione (meglio se dotato di filtro antipolline, per prevenire asma e malattie respiratorie).
Se un tempo le dimensioni delle vetture intimorivano le driver al volante, oggi non succede più. Ma le donne sono molto attente a commisurare l’auto di flotta alle proprie esigenze reali. Dunque, al bando i macchinoni, via libera a station wagon e suv: automobili pratiche e versatili per eccellenza. A proposito di suv: la trazione integrale è un valore aggiunto a cui, se possibile, le donne non vorrebbero rinunciare, per procedere senza patemi sotto la pioggia o la neve. Tornando alle tipologie di carrozzeria, le driver d’azienda stanno seguendo con estrema curiosità anche l’esplosione del fenomeno delle “crossover”, ovvero le auto “trasversali”, che racchiudono in un’unica vettura le caratteristiche di varie tipologie d’auto. La versatilità, insomma, è ai vertici degli interessi.
Il park assist proprio no
Quali sono gli accessori che le donne ritengono indispensabili? In ordine di preferenza, secondo la nostra piccola indagine: il climatizzatore (meglio se totalmente automatico), il dispositivo viva-voce bluetooth per il telefono cellulare, la chiusura centralizzata automatica, il navigatore satellitare
(che deve essere preferibilmente a schermo grande, con comandi intuitivi e interattivo con le informazioni sul traffico in tempo reale) l’antifurto, i sensori di parcheggio (preferibilmente sia davanti sia dietro), i vetri elettrici anche posteriori. Ovviamente il servosterzo e l’abs sono dati per acquisiti… di default.
Seguono in graduatoria alcuni gadget, nient’affatto superflui per garantire un pizzico di benessere in più quando si passano parecchie ore al volante: il cassettino portaoggetti refrigerato, il bracciolo tra i sedili anteriori, una completa dotazione di vani portaoggetti, meglio se almeno uno sotto chiave. Quello che stupisce in un’utenza che, lo abbiamo ormai capito, vanta una discreta cultura di tecnica automobilistica, è la repulsione per il park assist, cioè il sistema di ausilio automatico al parcheggio. Le donne intervistate lo trovano superfluo e, anzi, alcune che l’hanno sperimentato, criticano che questo sistema necessita di spazi di parcheggio ben maggiori rispetto a quelli con cui “combattono” quotidianamente…
Di qualsiasi colore, purché sia grigia
Da sfatare anche un ulteriore luogo comune con cui si descrive la donna automobilista: la necessità irrefrenabile di scegliere, nella tavolozza dei colori proposta dal concessionario, la tinta assolutamente più improbabile. Se questo succede ancora, in alcuni casi, tra le clienti private, per un uso aziendale la scelta è quasi sempre “seriosa”. Il colore preferito (l’80% delle intervistate) è il grigio metallizzato, in qualsiasi sfumatura di tonalità. Seguono gli altri colori, con una leggera prevalenza per le tinte chiare (per ridurre l’effetto “serra” quando si risale in auto dopo averla lasciata parcheggiata al sole).
Ma qual è il grado di soddisfazione per l’auto assegnata dall’azienda? Generalmente alto. Così come elevato è il gradimento nei confronti dei servizi erogati dal provider di noleggio a lungo termine. Come ci ha confermato un commerciale di un importante operatore, che asserisce che le utenti del gentil sesso sono di gran lunga meno “rompiscatole” dei maschietti… Le “flotte rosa”, dunque, sembrano assai migliori di quelle degli uomini. Una sensazione confermata in modo scientifico anche dalle statistiche relative ai tassi di sinistrosità: un’importante Compagnia d’assicurazione, che opera nel mercato delle flotte aziendali, ci ha rivelato che, a fronte di un tasso medio del 7% dei driver uomini, per le donne si scende al 3,2%. Sarà perché percorrono meno strada? In molti casi non è affatto così.