A settembre Iata (International air transport association) ha rivisto le stime relative alle perdite del settore del trasporto aereo nel 2005: la nuova previsione ipotizza un deficit complessivo di ben 7,4 miliardi di dollari, contro i 6 miliardi stimati lo scorso aprile. Un dato allarmante, provocato in larga misura dal vertiginoso rincaro del petrolio: sempre a detta dell’associazione, infatti, nel 2005 il prezzo medio del carburante ha raggiunto i 57 dollari al barile, contro i 28,8 dollari del 2003, e i vettori hanno speso in propellente per gli aeromobili ben 97 miliardi di dollari, ovvero il 24% circa del totale dei loro costi d’esercizio. Ad accusare le perdite più pesanti (circa 8 miliardi di dollari) sono stati i carrier Usa, già fortemente provati dalla crisi che ha travolto il settore aereo negli ultimi
Com’era prevedibile, per fronteggiare il continuo aumento del combustibile le compagnie aeree hanno addebitato costi extra ai viaggiatori. Nel Nord America, in particolare, i vettori hanno aumentato le tariffe sui voli domestici: a detta di Jamie Baker, analista della società JP Morgan Securities, lo scorso agosto i voli interni americani hanno registrato l’undicesimo incremento tariffario nell’arco di un anno, pari a circa 5 dollari a tratta (fonte: Flight International). In molti casi, poi, sono stati soppressi i voli a basso rendimento: Delta Air Lines ha annunciato l’intenzione di cancellare le frequenze infrasettimanali con pochi passeggeri, mentre Northwest ha sospeso temporaneamente il collegamento New York-Tokyo.
Le conseguenze in Europa e Asia
I vettori europei e asiatici, invece, hanno imposto la “fuel surcharge”, una tassa carburante calcolata da ogni compagnia sulla base delle fluttuazioni del prezzo del petrolio e applicata alle tratte di corto, medio e lungo raggio. Solitamente indicata sul documento di viaggio con il codice YQ (che include anche la “crisis surcharge”, ossia il ricarico per la sicurezza e l’assicurazione), questa tassa si aggira da un minimo di 8 euro sul corto raggio a oltre 50 euro sulle rotte intercontinentali.
Air France, ad esempio, lo scorso ottobre ha aumentato la tassa carburante per la sesta volta da maggio 2004: l’incremento ammonta a 6 euro sui voli a lungo raggio (da 38 a 44 euro), 2 euro su quelli di medio raggio (da 10 a 12 euro) e un euro su quelli domestici (da 7 a 8 euro).
Aumenti anche per British Airways (30 sterline per il long haul e 8 per il corto raggio): «I costi di carburante rimangono un vero fardello – ha dichiarato Martin George, direttore commerciale della compagnia -: il prezzo del petrolio ha toccato la cifra record di 70 dollari al barile a causa dell’uragano Katrina. Attualmente il nostro conto carburante di circa 1,6 miliardi di dollari rappresenta la seconda voce di costo più rilevante dopo quella degli stipendi ai dipendenti. Quest’ultimo incremento della tassa carburante è davvero spiacevole, ma ci consente di condividere con la clientela una piccola parte dei nostri costi extra. Fare il pieno a un aereo, attualmente, costa il 400% in più rispetto a quanto costava nel dicembre 2001. Riteniamo che sia meglio essere trasparenti con i nostri clienti riguardo al prezzo del carburante, mostrando esattamente la tassa che pagano, piuttosto che cammuffare l’aumento sotto forma di incremento tariffario, come fanno altre compagnie».
L’aumento della fuel surcharge di Lufthansa, introdotto alla fine di settembre, è stato di tre euro sui voli di corto e medio raggio (12 euro) e di 15 euro sul lungo raggio (52 euro). Nei primi nove mesi del 2005 il gruppo ha generato un fatturato di 13,3 miliardi di euro (+4,3% rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente), ma l’impennata del prezzo del greggio ha fatto aumentare le spese ordinarie del 5,3%, raggiungendo quota 13,8 miliardi. Le spese di cherosene (1,8 miliardi di euro) sono aumentate di 550 milioni rispetto al periodo gennaio-settembre 2004.
E veniamo a Qatar Airways, che ha portato il supplemento da 38 a 55 dollari sui voli intercontinentali. «Anche Qatar Airways subisce, come tutte le altre compagnie aeree, le ripercussioni dell’aumento dei costi del carburante – spiega Manielo Mastrantonio, Italy manager della compagnia -: di conseguenza le nostre previsioni di fatturato sono state riviste al ribasso, mantenendo peraltro valido il target di passeggeri stimato in 6 milioni per l’anno 2005-2006».
Le low cost
Fino a oggi solo le low cost hanno evitato di addebitare ai passeggeri i costi extra causati dal rincaro del petrolio. In occasione della presentazione dei risultati finanziari di Ryanair per il primo semestre 2005, Michael O’Leary, amministratore delegato della compagnia, ha affermato: «Abbiamo nuovamente riaffermato il nostro impegno a non imporre addebiti per il carburante ai nostri passeggeri. Abbiamo raccolto i benefici di questa strategia in termini di crescita significativa di traffico e di rendimenti leggermente più alti durante il primo semestre 2005».
Lo scorso settembre easyJet ha chiuso l’anno finanziario 2005 con una crescita del 21% in termini di passeggeri e del 23% sul fronte dei fatturati. «Nonostante l’aumento del prezzo del carburante abbiamo minimizzato l’incremento dei costi e, escludendo il carburante, la nostra base costi per posto è scesa di un interessante 4,4% – ha dichiarato Ray Webster, Ceo della compagnia -. Continueremo a focalizzarci su un’attenta gestione dei costi controllabili, che dovrebbe portarci a un’ulteriore riduzione del 3-5% del costo per posto, al netto del carburante. Anche se prevediamo una leggera diminuzione del fatturato per posto, il fatturato accessorio crescerà di oltre il 10% grazie a una serie di nuove iniziative. Nel complesso pertanto prevediamo di conseguire un incremento degli utili compresa fra il 5 e il 10%».
Le opzioni call
Oltre a ricorrere all’incremento delle fuel surcharge, le compagnie aeree cercano di risolvere il problema del caro carburante ricorrendo alle opzioni call, che consentono l’acquisto del cherosene a prezzo bloccato. «La nostra strategia per affrontare il rincaro del petrolio è quella della copertura dei rischi attraverso acquisti effettuati con opzioni call che fissano anticipatamente il prezzo di acquisto del carburante – spiega Mastrantonio -. Generalmente con questa modalità viene garantita una disponibilità sufficiente a coprire i successivi 6/12 mesi. Questa forma di garanzia, utilizzata da quasi tutte le maggiori compagnie aeree mondiali, è destinata a mantenere un sostanziale equilibrio nel bilancio. Anche per questo Qatar Airways su molte rotte è in condizione di offrire tariffe competitive».
La compagnia aerea americana Southwest, attraverso un’accorta gestione degli accordi con i fornitori, è riuscita, nel corso del 2005, a pagare 26 dollari al barile l’85% del carburante, contro i 65 dollari versati da altre compagnie meno previdenti.
Anche Ryanair, che nel primo semestre del 2005 ha incrementato i profitti del 18% e il traffico del 29%, ha adottato questa strategia. «Continuiamo a focalizzarci aggressivamente sui costi, e prevediamo che le riduzioni raggiunte bilancino parzialmente la crescita dei prezzi del carburante – ha affermato Michael O’Leary -. Nel passato anno fiscale i nostri costi per il carburante sono aumentati del 108% (giungendo a un totale di 237 milioni di euro) poiché le opzioni call ci hanno coperto solo per poco più di sei mesi. Per l’anno fiscale in corso, fino a marzo 2006 siamo coperti al 90% da ratei equivalenti a 49 dollari per barile. Dopodiché vedremo, stiamo monitorando i prezzi».
Lo scorso ottobre, infine, Alitalia ha aggiornato il piano industriale rivedendo al rialzo i costi del carburante con previsione di incrementi di circa il 40% (320 milioni di euro). Attualmente il piano prevede un costo medio del cherosene corrispondente a un prezzo del petrolio di circa 60 dollari al barile, contro i 36 ipotizzati il 14 aprile 2005. La compagnia ha dichiarato di aver messo a punto una strategia di copertura sul carburante attraverso le opzioni call, che garantiranno una copertura fino al 50% della spesa per carburante prevista nel triennio 2006-2008.
Soluzioni alternative
A detta degli esperti della società Oil Information Price, la crisi innescata dall’aumento del prezzo del petrolio non si riassorbirà prima del 2008. Resta dunque da capire quali strategie adotteranno i vettori per far “digerire” l’incremento della fuel surcharge (e il conseguente aumento tariffario) alla clientela. «Francamente, dopo l’introduzione della fuel surcharge non abbiamo avuto ripercussioni – spiega Annalisa Tomei, direttore commerciale di Qatar Airways -: dopo il primo momento la novità è stata ben accettata».
«Il trend di aumento delle tariffe impone una sempre maggiore flessibilità delle strategie commerciali – dichiara Mastrantonio -. Per andare incontro al mercato è necessario offrire la massima elasticità nell’utilizzo delle offerte di economy class, razionalizzare sia il numero di fornitori sia la scelta dei prodotti e realizzare le massime economie con lo sfruttamento di tutte le possibilità offerte dalle innovazioni tecnologiche».
Una risposta al rincaro del petrolio potrebbe darla l’etanolo, un biocombustibile ricavato dagli scarti vegetali. Ne è convinto Richard Branson, a capo della compagnia aerea Virgin Atlantic Airways. Il miliardario britannico ha annunciato l’intenzione di riunire un gruppo di investitori interessati a costruire impianti per produrre carburanti alternativi, utilizzabili nel trasporto aereo. Ricordiamo che Virgin Atlantic è stata una delle prime compagnie aeree a invertire il trend di incremento della fuel surcharge, riducendo la tassa di 5 sterline (7,3 euro) a tratta. Oggi, dunque, la surcharge di Virgin Atlantic è di 40 euro per tratta nel Regno Unito e di 41,7 euro negli altri paesi.
Nel frattempo, i vettori europei attendono l’aeromobile “a elettricità” (il cosiddetto Poa – Power optimised aircraft), progetto di ricerca del 5th Framework Programme for Research and Technology Development della Commissione Europea. Secondo gli esperti, il nuovo velivolo sarà in grado di ridurre il consumo medio di carburante del 5%, con punte del 25% in alcune fasi del volo.
Testo di Arianna De Nittis, Mission N. 1, Gennaio-febbraio 2006