La Cina ha superato gli Stati Uniti in termini di spesa per il business travel, dopo una “rincorsa” durata diversi anni. La correlazione tra viaggi d’affari e pil è assodato: nel Paese della Grande Muraglia, infatti, negli ultimi 25 anni il il Prodotto Interno Lordo ha viaggiato a ritmi sostenuti, nonostante nel 2015 la crescita sia stata “appena” del 6,9% rispetto al 2014 (dati dell’ufficio di statistica cinese), con previsione di crescita del 6,4% nel 2016 e del 6,1% nel 2017.
Fatto sta che lo scorso anno le spese originate in Cina per i viaggi d’affari hanno superato di poco quanto speso nella confederazione a stelle e strisce, creando notevoli opportunità per l‘industria del turismo e dell’ospitalità. I dati restano comunque molto simili: 291,2 miliardi di dollari spesi in Cina contro i 290,2 miliardi negli Usa. Almeno secondo i dati ufficiali resi noti dalla Global Business Travel Association, che raggruppa i principali protagonisti di questo comparto.
E secondo gli addetti ai lavori, la spesa generata dal Paese asiatico è destinata a crescere ancora, aumentando il gap tra i 2 paesi: nel 2016 , in Cina il settore dovrebbe registrare un 10,1% di spesa in più, fino a toccare i 320,7 miliardi di dollari, contro una crescita del 2% negli Stati Uniti, fino a 295,7 miliardi di dollari.
Intanto a Pechino, come a Shanghai e nelle altre metropoli con gli occhi a mandorla si continua a investire in infrastrutture, che vanno dai progetti di costruzione di diversi nuovi aeroporti e nuovi hotel in tutto il Paese. Cosa che ha “ingolosito” le maggiori aziende mondiali dell’ospitalità, che hanno puntato sui businessman cinesi alla ricerca del fatturato perduto negli Usa e in Europa, dove le aziende – dal 2008 a oggi – hanno tagliato notevolmente sulle spese di viaggio.
Alcuni esempi? A febbraio, Marriott International ha annnciato un accordo con la cinese Eastern Crown Hotels Group per aprire almeno 100 strutture in 5 anni con il marchio Fairfield. Tutte all’ombra della Grande Muraglia. Sulla stessa linea anche le società di autonoleggio come Hertz e Avis, che hanno firmato partnership con società cinesi per diffondere il servizio tra i businessman.
Anche se la stragrande maggioranza del business travel cinese inizia e finisce all’interno dei confini nazionali, le aziende dell’ospitalità hanno invesito e stanno investendo molto in America per accogliere i clienti dall’estremo Oriente. Come Hilton e Starwood, che hanno assunto personale che parla cinese e hanno iniziato a studiare la clientela in arrivo da quel paese in modo da fornire servizi adeguati. E la possibilità di mangiare utilizzando le bacchette di legno al posto delle posate è solo la punta di questo iceberg.
Intanto all’aeroporto di Los Angeles, uno dei principali hub americani per i vettori cinesi, Air China ha visto un boom di passeggeri passati dai 150mila del 2012 ai 220mila del 2015 anche perché dal 2011 è iniziato un progetto del governo di Pechino di costruire 82 nuovi aeroporti in tutto il Paese.