Guida autonoma e cambio di paradigma [responsabilità e normative]

Guida autonoma e cambio di paradigma [responsabilità e normative]

Nuove responsabilità e limiti da conoscere per quanto può accadere con veicoli automatizzati nella guida

Il fleet management ha un bell’argomento da approfondire e gestire correttamente, se si pensa a quanto può accadere mentre un driver aziendale è in movimento su un moderno veicolo connesso e ricco di Adas aggiornabili, con livello crescente di guida “autonoma”. I paletti che si trovano sono sia tecnici, per le funzioni di sicurezza in vettura, sia normativi, per quello che tocca la responsabilità in caso di sinistri.

Elementi delicati, questi, su cui qualcuno potrebbe cercare anche di tergiversare, vista la normativa in evoluzione ma mai quanto lo sono i sistemi “intelligenti” e adattivi delle auto più moderne, ricche di software sovrascrivibile da remoto. Per fare chiarezza, parliamo inquadrando la situazione dal punto normativo con il professor Antonio Albanese, professore ordinario di diritto civile nell’Università Cattolica e avvocato del foro di Milano.

Per dei figli che “debuttano” al volante, potendo si vorrebbe l’auto “più sicura” in commercio, almeno sulla carta, secondo dotazioni e caratteristiche. Vale anche per un fleet manager, verso i propri driver?

«Prima di essere messi in vendita, gli veicoli devono ottenere un’omologazione, che certifica il rispetto, tra l’altro, di tutti i requisiti di sicurezza. Questo esclude che il fleet manager possa essere ritenuto responsabile per il solo fatto di aver scelto un’auto meno sicura di un’altra in commercio. Quello che invece deve curare è che i veicoli siano sottoposti a regolare manutenzione e che vengano monitorate situazioni di pericolo che possono sopraggiungere. In tal caso deve prontamente intervenire per neutralizzare i rischi di danni a persone e a cose».

guida autonoma

Il mercato propone vetture sempre più sicure, oggettivamente, grazie anche alle nuove assistenze molto reattive, precise, con sistemi tra loro complementari e in evoluzione. Verso la guida autonoma e il target “0 incidenti” almeno gravi. Nel mezzo però alcune situazioni inedite che toccano, qualora capiti un danno, gli interessi di driver a bordo in primis, ma anche di noleggiatore, azienda e produttore auto, potenzialmente.

Perché assistiamo a un cambio di paradigma e quali novità ci sono per i danni da circolazione con autoveicoli?

«Dal punto di vista della società che mette a disposizione dei dipendenti automobili comprese nella flotta aziendale, l’aspetto nuovo che rileva è dato dalla sempre maggiore autonomia dei veicoli. Nel caso di guida autonoma, anche solo potenziale, può accadere che il danno sia cagionato non dalla guida dell’uomo “con” la cosa, ma “dalla” cosa in virtù del suo funzionamento autonomo. In questi casi, ai sensi dell’art. 2051 c.c., può essere chiamato a rispondere dei danni il soggetto che ne ha la custodia. Non rileva la titolarità giuridica, ma il potere di fatto esercitato nell’utilizzo dell’auto. Per converso è destinata a declinare la responsabilità del conducente, che ha un ruolo sempre meno importante nella causazione degli incidenti e che addirittura manca nel caso di auto a guida completamente autonoma».

Il danno che si verifica con auto capaci di guida autonoma, a chi va imputato? Sempre a chi le ha in uso e custodia? Come inquadrare precisamente tale responsabilità?

«La responsabilità del custode non esclude la concorrente responsabilità del proprietario ai sensi dell’art. 2054 c.c. Entrambi rispondono in solido nei confronti del danneggiato. Questa responsabilità, tuttavia, non costituisce un’allocazione definitiva del costo del danno. Al fine di prevenire nel modo più efficiente gli eventi dannosi, il risarcimento deve ricadere in via definitiva sul soggetto che è in grado di prevenirlo sostenendo il minor costo. In tal caso, infatti, aumenterà la probabilità che le misure preventive siano effettivamente adottate. Con l’avanzamento tecnologico, il soggetto che può meglio di altri prevenire i danni è il produttore, il quale può progettare e realizzare veicoli sempre più sicuri e affidabili. Nei suoi confronti potranno pertanto “rivalersi” (la compagnia di assicurazione de) il custode o il proprietario, che siano stati chiamati a risarcire».

guida autonoma

Di fronte a certe situazioni che fanno notizia, di malfunzionamento negli ausili alla guida, l’auto sembra poter divenire protagonista, causa stessa del fatto dannoso. Quale è la sua opinione?

«Ritengo probabile un’espansione della responsabilità del produttore, che finora ha avuto un ruolo marginale. Nell’attuale contesto, infatti, i dispositivi di sicurezza, nella misura in cui riducono i rischi di errore umano, generano anche una aspettativa di maggiore sicurezza rispetto ai veicoli tradizionali. Da questa prospettiva, l’auto potrà essere considerata difettosa, là dove non offra la sicurezza che ci si poteva legittimamente attendere, secondo un’aspettativa sociale che è destinata ad aumentare di pari passo con il progresso tecnologico. Ne consegue che di eventuali danni sarà chiamato a rispondere il produttore, in base a una regola di responsabilità oggettiva, che prescinde da una colpa imputabile a una concreta persona fisica, che opera nella sua organizzazione».

Ci troviamo di fronte a nuovi ruoli anche sotto il profilo assicurativo?

«È probabile che il modello di assicurazione della responsabilità per danno da circolazione di veicoli cambi nel prossimo futuro. A mio avviso, l’assicurazione del proprietario diventerà anacronistica e sarà sostituita da una assicurazione per la responsabilità del produttore. Si potrebbe anche pensare che i produttori non vendano più le auto, sempre più autonome e interconnesse anche con le infrastrutture stradali, ma che le mettano a disposizione in base a contratti aventi ad oggetto la prestazione di vari servizi, compresa la fornitura della copertura assicurazione contro una pluralità di rischi».

Cosa si può fare per tutelarsi attraverso accordi contrattuali, anche ma non solo nel caso di noleggio?

«Attraverso regole convenzionali, nei rapporti contrattuali tra i diversi soggetti interessati, è possibile stabilire il soggetto che ha il potere di decidere di fatto l’utilizzo dell’auto, in modo che questi possa dotarsi di una idonea copertura assicurativa per eventuali responsabilità, anche oggettive, che prescindono da una sua colpa».

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A suo avviso, bisognerebbe pensare a una formazione delle persone che utilizzano veicoli altamente automatizzati?

«Attualmente il produttore di qualsiasi bene, deve fornire adeguate istruzioni per un uso sicuro. Per determinati macchinari destinati ad utilizzi professionali (ad esempio robot chirurgici), la giurisprudenza americana ha anche previsto obblighi di formazione a carico del produttore. Per le auto questo discorso va però integrato con la considerazione che in questo momento per poter guidare è necessario ottenere una specifica abilitazione. Allo stesso tempo in sede di omologazione del veicolo, bisognerà dimostrare che l’uso del medesimo non è a tal punto complicato da aumentare i rischi di incidenti. In futuro la situazione potrebbe cambiare: la guida sia sempre più semplice e potrebbe non essere più necessaria la “patente”. In tal caso però viene anche meno a necessità di una specifica formazione dell’utente».

Ci sono simili di impatto tecnologico in altri settori che aiutano a inquadrare la situazione?

«L’auto può essere in parte equiparata altri sistemi dotati di dispositivi automatici. Questo rileva ad esempio ai fini della responsabilità del custode e del produttore, nel senso che ho prima detto. Non mi sembrano invece applicabili altri principi elaborati con riguardo ai danni cagionati da macchine destinate a utenti professionali (ad esempio dispositivi medici). In quest’ultimo caso, infatti, vi è maggiore spazio per la responsabilità personale del professionista, rispetto a quella del produttore».

Antonio Albanese, professore ordinario di diritto civile nell’Università Cattolica e avvocato del foro di Milano

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