Affitti brevi

Affitti brevi, a Barcellona lo stop dal 2029 solleva perplessità

Mentre l'Unione Europea punta a regolare il mercato degli appartamenti affittati per breve durata, la metropoli catalana li vieterà a partire dal 2029. Ma non tutti sono d'accordo. Ecco perché

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Dall’Europa arrivano regole per gli affitti brevi di appartamenti. Vale a dire un settore che negli ultimi anni ha conosciuto una rapida espansione legata alla crescita delle piattaforme online. Ma, a meno di novità, a Barcellona si punta allo stop dal 2029.

Sebbene la varietà degli alloggi in affitto possa avere un effetto positivo sul turismo, secondo alcuni la sua crescita esponenziale crea problemi.

Qualche dato: nel 2022, nella UE sono state prenotate un totale di 547 milioni di notti attraverso quattro principali piattaforme online: Airbnb, Booking, Expedia Group e Tripadvisor.

Questo ha portato più di 1,5 milioni di ospiti per notte. Il maggior numero di ospiti si è registrato a Parigi (13,5 milioni di ospiti), seguiti da Barcellona e Lisbona, con più di 8,5 milioni di ospiti ciascuna.

In risposta all’aumento degli affitti brevi, diverse città e regioni hanno introdotto norme locali per limitarne la diffusione.

Siccome nei paesi ci sono differenze significative nei sistemi di registrazione per affitti a breve termine, il Parlamento europeo votato un nuovo Regolamento, che sarà in vigore tra circa due anni. Un voto, tra l’altro, in linea con ciò che il comune di Barcellona difende dal 2018.

Affitti brevi, a cosa mirano le regole UE

L’obiettivo è promuovere offerte online trasparenti e responsabili, che tutelino i viaggiatori dalle truffe. Le registrazioni online permetteranno alle autorità di identificare l’ospite e i proprietari di appartamenti. La UE impone un semplice processo di registrazione online per le proprietà in affitto a breve termine.

Dopo aver completato questo processo, i proprietari riceveranno un numero di registrazione che consentirà loro di affittare la loro casa. Ciò renderà più semplice per le autorità la loro identificazione e la verifica dei loro dati. Le piattaforme online saranno tenute a verificare l’esattezza dei dati immobiliari e dovranno anche effettuare controlli casuali.

Per ricevere dati dalle piattaforme sull’attività di accoglienza, gli Stati membri creeranno un unico punto di accesso digitale per aiutare le autorità locali a quantificare il giro d’affari. Per le piccole piattaforme la UE ha previsto un sistema più semplice per la condivisione dei dati.

(Leggi cosa pensa degli affitti brevi Giuseppe Roscioli di Federalberghi)

Barcellona, ancora 4 anni e mezzo poi stop agli affitti brevi

Affitti brevi
Barcellona

Il comune di Barcellona è andato oltre, annunciando lo stop all’affitto a breve termine di appartamenti entro il 2028. Una misura drastica che punta a frenare l’aumento dei prezzi degli immobili e rendere la città vivibile per i residenti.

Per questo c’è già una data: novembre 2028. Per quella data, il sindaco Jaume Collboni, abolirà le licenze per i 10.101 appartamenti attualmente approvati come affitti a breve termine. Negli ultimi 10 anni, gli affitti sono aumentati del 68% mentre i prezzi degli appartamanti sono saliti del 38%.

A seguito di ciò, alcuni addetti ai lavori hanno espresso subito il proprio parere in merito agli afftti brevi e al loro stop nella città catalana.

Javier Delgado, managing partner e aministratore delegato Emea di Mirai, un fornitore di tecnologia per gli hotel è stato molto chiaro.

«A nostro avviso, il motivo principale di questo colossale aumento dell’offerta di affitti a breve termine deriva dalla mancanza di normative chiare. In tutto il mondo abbiamo osservato le autorità tollerare questo fenomeno. Un divieto totale come fa Barcellona non sembra ragionevole. Questo perché esiste un mercato considerevole che necessita e si aspetta questo tipo di sistemazione».

La cosa riguarda anche molte aziende, che talvolta prenotano questa formula per i propri collaboratori.

«Serve una regolamentazione chiara che garantisca sicurezza e protezione agli ospiti. E che limiti gli appartamenti in affitto a breve termine in proporzione ai residenti, dando comunque ai proprietari un regime fiscale sostenibile. Così dovrebbe esserci spazio per tutti».

Secondo Javier Delgado, l’attuale situazione è caratterizzata da una legislazione poco chiara e da un’offerta non sottoposta a regole «che è in aumento esponenziale. Ciò crea un ecosistema sbilanciato e ingiusto per il settore alberghiero, oltre a un effetto negativo sulle comunità locali».

Lo stop ad affitti di appartamenti e le conseguenze a lungo termine

Affitti breviVanessa de Souza Lage di Sustonica, vive a Barcellona e ha una attività che offre certificazione di sostenibilità per affitti a breve termine. E sa di cosa si parla.

«La proposta di vietare gli affitti a breve termine avrà significative conseguenze negative a lungo termine che l’attuale governo sta trascurando. Queste formule sono essenziali per distribuire i turisti in tutta la città. Ad esempio, il mio quartiere, che non ha hotel, ha in quest appartamenti gli unici in grado di attirare visitatori. Il sovraffollamento è un problema sentito soprattutto nelle zone densamente popolate di hotel, ma non sentito ovunque».

C’è poi il tema della sostenibilità, che vede i turisti che scelgono gli affitti brevi spendere i loro soldi localmente, sostenendo direttamente la comunità.

«La ricchezza cadrebbe a cascata non solo sui proprietari di appartamenti, ma anche su figure come addetti alle pulizie e i negozianti. Già, perché durante il loro soggiorno, gli ospiti solitamente cucinano in casa e, pertanto, fanno acquisti in zona contribuendo direttamente all’economia locale. Questo scenario rilancia l’economia dei quartieri, crea posti di lavoro e favorisce l’economia. Al contrario, i turisti che soggiornano negli hotel delle catene in genere canalizzano le loro spese attraverso le società internazionali». E gran parte delle loro spese non avvantaggiano l’economia locale.

«Sostenendo gli affitti brevi, incoraggiamo una distribuzione più equa dei benefici economici del turismo e promuoviamo un modello più sostenibile e integrato a livello locale. Questo approccio migliora anche l’esperienza del visitatore favorendo legami autentici con la comunità. Per questi motivi, le città, e in particolare Barcellona, ​​non dovrebbero vietare queste formule di sistemazione».

Ancora troppi appartamenti in affitto non sono registrati

La Darsena di Milano

Un commento arriva anche da Carlos Cendra, direttore marketing e comunicazione di Mabrian, fornitore di travel data intelligence.

«Ottenere dati attendibili su ciò che sta realmente accadendo in una qualsiasi città è quasi impossibile se paragonato, ad esempio, ai dati sugli hotel o sulle compagnie aeree. Ciò per la natura estremamente frammentata dell’offerta e per il fatto che ci siano molti affitti brevi semi legali e persino illegali».

Relativamente ad Airbnb, a marzo il numero di affitti a breve termine a Barcellona era di circa 15.600 appartamenti con 54.000 camere. Ciò significa che solo su Airbnb, che non è l’unica fonte di offerta, si trovano il 50% in più delle proprietà rispetto a quelle ufficialmente registrate.

«Tre anni fa abbiamo creato un indicatore specifico sulla densità ricettiva, aggiungendo hotel e affitti a breve termine, per misurare l’offerta turistica. E continueremo a farlo».

(Scopri il Codice unico europeo sugli affitti brevi)

 

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