L’organizzazione di categoria dei parchi tematici, acquatici, faunistici italiani (genericamente detti “di divertimento”) si appella alla Commissione Europea, per il tema dei biglietti: entro sei settimane si esprimerà sulla normativa italiana.
In particolare, l’Associazione Parchi Permanenti Italiani vuole far esaminare la legittimità della normativa che regola i sistemi di biglietteria automatizzata, alla luce della disciplina sulla libera concorrenza nel mercato interno dell’Unione.
Luciano Pareschi – presidente dell’Associazione – si esprime in merito: “Sarà interessante conoscere le valutazioni della Commissione, soprattutto in riferimento all’impossibilità per i parchi italiani di competere in Europa. Il nostro è un paese a vocazione turistica: ci sono parchi con oltre il 30% di clientela straniera che è abituata ad acquistare i biglietti online prima della partenza sulle piattaforme e-commerce”.
Il conflitto è nato nel momento in cui la regolamentazione, destinata al fenomeno del secondary ticketing, è stata applicata al settore dei parchi. Se l’obiettivo primario è contrastare il bagarinaggio e le rivendite a prezzo maggiorato, al momento frena le vendite e i flussi di ospiti stranieri nei parchi divertimento italiani.
Concorrenza sleale e perdite da 15 milioni annui
Perché i Parchi divertimento vogliono rivedere la norma sui biglietti? Secondo alcune stime, la normativa in questione provoca un danno totale di oltre 100 milioni di euro, complessivo dei ricavi ancillari, legati ad esempio alla ristorazione e al merchandising.
Sempre secondo quanto sostengono i rappresentanti dell’organizzazione di categoria, si può parlare di concorrenza sleale perché le limitazioni imposte al territorio italiano favoriscono i parchi negli altri paesi europei. Tra gli esempi di norme restrittive si cita il limite di 10 biglietti per singola transazione online. Al quale si aggiunge l’obbligo di certificare il processo di vendita attraverso il sistema “opt-in” (inserimento di un codice di conferma acquisto, ricevuto via SMS), procedura che non solo limita le potenzialità di vendita, in aggiunta offre una pessima esperienza.
“Si tratta di una normativa senza eguali in Europa che deve essere sottoposta a una profonda semplificazione” ha dichiarato Maurizio Crisanti, segretario nazionale dell’Associazione Parchi Permanenti Italiani. “Impone vincoli tecnici e formali tali da rendere di fatto impossibile ai parchi italiani la distribuzione dei biglietti sulle piattaforme e-commerce internazionali. Oltre ai mancati introiti, rileviamo un danno competitivo, perché i parchi degli altri paesi europei possono avvalersi di questo canale distributivo. Non è quindi possibile competere a parità di condizioni con le imprese degli altri Stati membri”.
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