Un 2019 di viaggi d’affari discreto, «senza infamia e senza lode» nel commento di Andrea Guizzardi, docente di statistica dell’Università di Bologna, autore dell’Osservatorio sul business travel, da questa edizione in joint venture con il Politecnico di Milano. Le imprese italiane hanno compiuto trasferte professionali per una spesa di 20,6 miliardi, in progressione dell’1,9% sull’esercizio precedente, del quale vi avevamo sintetizzato in questo articolo. Rispetto al 2018, dunque, l’incremento è inferiore di un punto netto e anche la stima prevista l’anno scorso su quest’anno è molto lontana dai 3-4,5 punti percentuali ipotizzati.
Quali sono state le pressioni di mercato che hanno frenato il business travel? Il rally del prezzo del petrolio (che perde circa il 7%) e la rivalutazione del dollaro (di circa il 4,5% tra febbraio 2019 e febbraio 2020, ndr) sono le principali cause, secondo gli analisti. Guizzardi sottolinea sul Pil italiano: «Nella calma piatta, l’export ha tenuto: significa che l’economia galleggia e i viaggi aziendali pure, il numero di questi ultimi sale dello 0,8%. In particolare aumentano le trasferte di medio raggio, invece quelle internazionali diminuiscono».
La rivalutazione del dollaro «ci è costata 280 milioni di euro di viaggi», chiosa l’analista.
2019 di viaggi d’affari nazionali e all’estero
Nel dettaglio, il mercato nazionale vede aumentare i viaggi (+2,2%), i pernottamenti e il loro costo mentre il mercato internazionale sale di appena l’1,8%, sintetizzando dinamiche di prezzi e viaggi contrastanti. Il segmento intercontinentale (13.327 viaggi business) mostra che la spesa delle aziende è sostenuta dalla crescita dei pernottamenti e dalla rivalutazione del dollaro, mentre a diminuire è il costo del trasporto (-2%).
Durante il 2019, le aziende italiane hanno compiuto 31.945 viaggi d’affari, contro i 31.700 del 2018. Le proiezioni per il 2020 non sono inficiate dal Coronavirus poiché il sondaggio cui hanno risposto 117 travel manager è stato precedente allo scoppio dell’epidemia.
Dunque, i rispondenti si aspettano una crescita della spesa compresa tra l’1,5 ed il 2,7%. Su questo punto Guizzardi fa notare che, confrontandoci con la Sars del 2003 quando i viaggi internazionali diminuirono del 9%, il recupero successivo fu lento. Infatti, i volumi persi furono ripresi solamente tra il 2005 e il 2006 trainati dalla ripresa del commercio internazionale.
Business travel outlook 2020
«Le variabili in grado di modificare le catene di approvvigionamento esistenti nell’industria globale e che influenzeranno il business travel nel 2020 potrebbero essere l’apprezzamento dei tassi di cambio delle economie avanzate così come le guerre, commerciali o combattute, che generano incertezza e aumentano i costi di trasporto – continua il professore -. Riguardo alle conseguenze di due casi di stretta attualità, come la Brexit e la diffusione del Coronavirus, i dati storici ci invitano a una maggior cautela. Nel primo caso per la moderata entità del commercio del nostro Paese con il Regno Unito e nel secondo perché, facendo un paragone con la pandemia della Sars di inizio millennio, i viaggi d’affari da e verso la Cina sono stati nella maggior parte dei casi posticipati, mentre in quegli anni a incidere fu soprattutto il ciclo economico negativo. In caso di un decorso similare, la chiusura degli stabilimenti e l’annullamento di eventi, che coinvolgono anche partner occidentali dei quali abbiamo recente notizia, avrebbero effetti limitati al breve periodo».
Le voci di spesa
Nel 2019 sono aumentate le durate brevi per contenere i costi. «Ma nutro seri dubbi sull’efficienza ottenuta, così come del risparmio per l’azienda – rimarca Guizzardi -: non è possibile misurare l’output delle trasferte o perlomeno è molto complesso. Servirebbe una business intelligence in grado di confrontare le spese sostenute con un cosiddetto paragone ‘controfattuale’, cioè parametrare i risultati con i servizi non acquistati».
Ciò premesso, nel 2019 si è interrotta la diminuzione della spesa media di un viaggio di lavoro. Quest’ultima si attesta a 544 euro, ristorazione compresa.
Questo è positivo perché se continuasse, il prodotto faticherebbe a stare sul mercato. Ma Guizzardi si domanda il motivo del trend: «E’ per effetto dell’unbundling (lo spacchettamento dei servizi: prezzo base arricchito di ancillary, ndr) oppure è andamento di mercato?».
C’è da pensare che linee aeree e hotel spingendo all’acquisto “a puzzle” dei servizi aggiuntivi, mostrando una tariffa scarna e conveniente, ma che comprende ben poco oltre un seggiolino e un letto, aumentino i guadagni con le vendite accessorie e per i travel manager ciò comporta un volume di spesa complessivo in crescendo. Se ciò si dimostrasse reale, le innovazioni tecnologiche in atto come l’Ndc di Iata, volte proprio a migliorare il display di prodotto aereo e la vendita di componenti corollarie, accentuerebbero quanto già in corso.
Trasporto e alloggio
Il trasporto è la voce più rilevante nel budget per le trasferte delle imprese italiane, pari al 57% della spesa. Il progresso, rispetto al 2018 (+1,6%), è guidato soprattutto dai segmenti ferroviario (predomina l’effetto prezzo) e su gomma (oltre ai viaggi aumenta il segmento delle auto utilizzate e la distanza media percorsa).
Le dinamiche sono più sostenute nella spesa per alloggio (+1,9%) – grazie a un incremento del costo medio per camera e dei pernottamenti, più marcato sul mercato europeo – e soprattutto nella spesa per ristorazione (+3,4%) che cresce sul mercato intercontinentale per l’effetto combinato della maggiore durata dei soggiorni e dell’apprezzamento del dollaro sull’euro.
Infine, le riunioni aziendali – quindi il Mice – stentano a crescere ed è un segnale pessimo, poiché sono i viaggi in cui si gettano le basi della futura crescita di una impresa. Le fiere, invece, sono in tendenza positiva.